Il rischio di un ulteriore peggioramento della crisi alimentare globale in corso, soprattutto a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, sta diventando sempre più concreto e secondo le stime di varie organizzazioni internazionali riguarderà centinaia di milioni di persone in numerose aree del mondo. Il recente blocco del porto di Odessa e di altri porti nel Mar Nero imposto dalla Russia sta rendendo impossibile l’esportazione via nave di quasi tutto il grano disponibile in Ucraina. Nel frattempo in altre parti del pianeta gravi periodi di siccità e ondate di calore hanno portato a una riduzione dei raccolti, con ulteriori ripercussioni per l’intero sistema alimentare.
La situazione era già piuttosto complessa all’inizio del 2022, in parte a causa della crisi delle materie prime dovuta alla pandemia e agli effetti del cambiamento climatico. All’epoca, il Programma alimentare mondiale (WFP) delle Nazioni Unite, che si occupa di assistenza alimentare, aveva stimato che nei cinque anni precedenti la quantità di persone a «rischio immediato» per povertà e carenze di cibo fosse quasi raddoppiata, arrivando a oltre 193 milioni di individui.
Le riserve di cereali erano ancora relativamente alte, ma quasi solo i paesi più ricchi potevano permettersi l’aumento del loro prezzo e quindi la loro importazione. Già a febbraio il capo del WFP, David Beasley, faceva previsioni molto preoccupate: «Se non ci occupiamo di questa cosa immediatamente, nel corso dei prossimi nove mesi vedremo carestie, vedremo la destabilizzazione di alcune nazioni e assisteremo a migrazioni di massa».
A distanza di circa tre mesi le condizioni su cui aveva basato le proprie previsioni Beasley sono ulteriormente peggiorate.
In decenni, la gestione dei raccolti e la logistica per la produzione dei cereali sono migliorate sensibilmente, ma il sistema ha comunque alcuni punti deboli che possono far inceppare il meccanismo. L’attuale crisi e il suo prospettato peggioramento sono condizionati da fattori collegati tra loro che comprendono la guerra in Ucraina e il conseguente blocco dei porti nel Mar Nero, le ondate di caldo in India e una ridotta resa dei campi in altre aree del mondo a causa di eventi atmosferici riconducibili al cambiamento climatico.
Nel 2021, la Russia è stato il primo paese esportatore di grano con 39 milioni di tonnellate venduti all’estero, l’Ucraina il quinto con 17 milioni di tonnellate. Da soli, i due paesi hanno coperto quasi il 30 per cento di tutto il settore, senza contare le esportazioni di altri cereali impiegati soprattutto per l’allevamento di animali. L’Ucraina è stata inoltre il primo produttore di semi di girasole, con la Russia al secondo posto: i due paesi hanno il controllo di quasi il 12 per cento del mercato dell’olio vegetale su scala globale.
Solitamente attraverso i porti nell’area di Odessa, nell’Ucraina occidentale, transita la quasi totalità del grano prodotto nel paese. L’area di mare intorno alla città è stata in buona parte minata dall’esercito ucraino per impedire alle navi da guerra russe di condurre un’invasione, e al tempo stesso la marina militare russa ha bloccato quell’area del Mar Nero rendendo molto difficile il transito delle navi mercantili.
Il risultato è che più della metà del grano ucraino raccolto lo scorso anno è ancora nei silos dell’Ucraina, senza possibilità di essere esportato in tempi rapidi. Tra poche settimane il grano attualmente nei campi dovrà essere raccolto, ma potrebbero non esserci silos a sufficienza per conservarlo, con il rischio che milioni di tonnellate di prodotto vadano perdute.
Il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, ha di recente proposto la formazione di una coalizione navale “di volenterosi” proprio per scortare le navi che trasportano il grano. Questa eventuale coalizione dovrebbe comprendere la Lituania, il Regno Unito, l’Egitto e altri paesi interessati dalla carenza di grano. Una soluzione di questo tipo richiederebbe però attività per sminare alcune aree intorno a Odessa e soprattutto l’impiego di ulteriori navi da guerra nel Mar Nero, cosa che farebbe aumentare i rischi di incidenti con le navi da guerra russe.
Nel 2021 la Cina aveva avvisato di prevedere il peggior raccolto di grano invernale a causa delle alluvioni che avevano interessato alcune delle principali aree agricole del paese. Le forti piogge avevano causato danni e reso inutilizzabili i campi per settimane, ritardando o rendendo impossibile la semina.
Le recenti ondate di caldo in India e Pakistan, con temperature massime che hanno raggiunto i 49 °C, hanno avuto importanti conseguenze per l’agricoltura.
All’inizio della crisi alimentare, il governo e i produttori indiani si erano dati da fare per aumentare le esportazioni di grano: un’importante opportunità per guadagnare quote di mercato nel settore. Le alte temperature avevano però costretto a una rapida revisione dei piani per evitare un aumento fuori controllo del prezzo del grano a uso interno e una mancanza di cereali nel paese. L’ondata di calore si era infatti verificata nelle ultime settimane di crescita del grano, uccidendo le piante poco prima della fase di raccolta.
Prezzi più alti implicano minori possibilità di acquisto per i paesi più poveri, dove spesso la malnutrizione interessa ampie porzioni della popolazione. In numerosi paesi africani, per esempio, l’acquisto di cibo costituisce circa un quarto della spesa domestica, rispetto a meno di un quinto nei paesi ricchi. Il grano, come altri cereali, costituisce una delle principali fonti di nutrizione, proprio per la sua versatilità come materia prima. Nei paesi più sviluppati, i prezzi in crescita nel settore alimentare diventano una delle prime cause di inflazione, come avvenuto di recente sia in molti paesi europei sia negli Stati Uniti.