L’allerta per il rischio dengue è già alta a fronte del fatto che diversi Paesi del Centro e Sud America, come Perù, Argentina, Guatemala e Brasile hanno decretato lo stato d’allerta o di emergenza per epidemie di questa malattia tra febbraio e marzo 2024 (in Italia sono già 48 i casi di dengue quest’anno).
Ma attenzione più alta andrà posta guardando al futuro a causa del cambiamento climatico. E’ una delle indicazioni contenute nella sezione salute dell’European Climate Risk Assessment (Eucra), come detto all’ANSA da uno degli autori, Cyril Caminade.
Si tratta del primo rapporto stilato da un’agenzia dell’Unione europea sui rischi legati ai cambiamenti climatici, pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente (Aea).
“In Italia, Slovenia e Albania c’è la popolazione di zanzare tigre più abbondante, endemica in queste zone già dagli anni ’90. Ormai sono qui e non se ne andranno – ha sottolineato Caminade – La loro attività stagionale con il riscaldamento globale diventa più lunga e la popolazione stessa è in crescita. Questi fattori, combinati con il fatto che ci sono molte persone che viaggiano in zone tropicali, porta a un aumento della diffusione di dengue e chikungunya”, ha spiegato.
Sebbene “il rischio più alto per la salute umana posto dal cambiamento climatico” sia in realtà “il caldo estremo nelle ondate di calore”, “bisogna tenere alta l’attenzione sulle malattie infettive tropicali”, visto il rapido e “preoccupante” aumento dell’incidenza di queste patologie: “Negli ultimi 10 anni si è passati da 10 casi l’anno a centinaia, e si contano anche casi autoctoni”, spiega Caminade. Nel 2023 i casi di dengue in Italia per il ministero della Salute, sono stati 362 di cui 84 autoctoni.