Si stima che nel mondo siano più di 55 milioni i casi di demenza, la cui forma più comune è la malattia di Alzheimer.
In Italia attualmente sono circa due milioni le persone con demenza o disturbo neuro cognitivo maggiore o con una forma di declino cognitivo lieve. Circa quattro milioni sono i loro familiari.
L’allungamento della vita media porta come conseguenza in un futuro prossimo un aumento esponenziale dei casi di demenza, configurando le azioni volte a far fronte a questa patologia, come sottolinea l’OMS, una priorità di sanità pubblica. A fronte di questo, l’attenzione a livello scientifico è puntata sulla prevenzione e, accanto a questo, la ricerca si muove per trovare un farmaco che modifichi il decorso della malattia da 30 anni, anche se purtroppo ancora senza successo.
Secondo uno studio recente, di agosto 2024, pubblicato su The Lancet, intervenendo su 14 fattori di rischio modificabili individuati fino ad oggi nella letteratura scientifica internazionale (diabete, colesterolo, ipertensione, fumo, obesità, inquinamento atmosferico, traumi cranici, depressione, attività fisica, assunzione di alcol, anni di educazione/scolarità e attività cognitiva continua, prevenzione e trattamento della perdita di udito, trattamento della perdita della vista, interazione sociale) si potrebbe prevenire o ritardare quasi la metà dei casi di demenza.
A fare il punto, in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer che si celebra il 21 settembre, sono gli esperti dell’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità.