Lo studio – realizzato da un team di ricercatori italo-americani, tra i quali Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini – è stato appena pubblicato su Environmental Pollution. La ricerca ha coinvolto 94 coppie madre-bambino statunitensi partecipanti a TIDES (The Infant Development and the Environment Study), uno studio che monitora gli effetti dell’esposizione prenatale alle sostanze chimiche capaci di alterare il sistema endocrino (EDC) con effetti sullo sviluppo riproduttivo. Per ogni coppia madre-bambino sono state condotte due misurazioni: – sulle madri, i livelli di glifosate e del suo prodotto di degradazione AMPA (acido amminometilfosfonico) nei campioni di urina analizzati nel secondo trimestre di gravidanza, – sui neonati (45 femmine e 49 maschi), le distanze anogenitali (anopenile e anoscrotale per i maschi, anoclitorale e anovulvare per le femmine). Le analisi comparate hanno evidenziato una correlazione tra i maggiori livelli di glifosato e del suo metabolita nelle urine materne e un anomalo allungamento della distanza anogenitale nelle neonate, invece tipico dei maschi. Nessuna associazione è invece emersa nella prole maschile, suggerendo una maggiore sensibilità delle femmine agli androgeni esogeni.
Fonte:
Il glifosato ‘maschilizza’ le femmine. Lo studio scientifico sui neonati