Diete e modelli nutrizionali errati costano a ogni italiano circa trecento euro in più all’anno e incidono sulla probabilità di insorgenza di malattie determinando un duplice rischio: in termini di impatto sulla salute e, più in generale, incrementando i costi economico- sociali, determinando una contrazione annua del pil europeo del 3,3%.
Le evidenze di questa correlazione sono state esposte oggi dalla Fondazione Aletheia – primo think thank scientifico italiano – nel rapporto “Malattie, cibo e salute”, illustrato dal Comitato Scientifico della Fondazione, con il patrocinio e nelle sedi del ministero della Salute, alla presenza del ministro Orazio Schillaci.
Nel 2023 l’eccesso di peso, secondo il report, ha interessato il 46,4% della popolazione di maggiore età, rilevando una crescita nell’ultimo ventennio dell’7,1% delle persone in sovrappeso e del 36,4% di quelle affette da obesità.
A questo si aggiunge anche un aumento dell’incidenza di diabete che passa dal 6,3% nel 2021 al 6,6% nel 2022 con una crescita negli ultimi venti anni del 65%.
Entrando nel dettaglio, l’incremento del sovrappeso legato a stili nutrizionali errati rappresenta il 9% della spesa sanitaria nazionale e ad ogni italiano costa un’extra “tassa” annuale di 289 euro. In tal senso la dieta mediterranea, patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, ingloba ed esprime differenti valori di contrasto a questo fenomeno. Nemici della salute sono invece i cibi ultra-processati. Il rapporto evidenzia, infatti, come una riduzione del 20% delle calorie assunte da alimenti ad alto contenuto di zucchero, sale e grassi saturi potrebbe prevenire in Italia 688mila malattie croniche entro il 2050 e far risparmiare 278 milioni di euro l’anno di spesa sanitaria: circa 7 miliardi nei prossimi 25 anni.