V^ puntata:
Street food: frigoriferi inidonei alla conservazione determina il divieto di commercializzazione del prodotto
I Supremi Giudici della Corte di Cassazione con la sentenza n. 45539/17, depositata il 3 ottobre, hanno affermato che ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dalla L. 30 aprile 1962, n. 283, articolo 5, lettera b, che vieta l’impiego nella produzione di alimenti, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è necessario che quest’ultimo si riferisca alle caratteristiche intrinseche di dette sostanze, ma è sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza.
In questo senso anche la custodia in frigoriferi inidonei alla conservazione determina il divieto di commercializzazione del prodotto. Per tale reato non risulta necessario alcun accertamento sulle caratteristiche intrinseche degli alimenti, essendo sufficiente l’esame visivo dei luoghi in cui essi erano conservati, nel caso di specie avvenuto.
Ma facciamo un passo indietro è vediamo da dove parte la decisione dei supremi Giudici.
La Corte d’Appello di Catania confermava la pronuncia di primo grado con cui l’imputato era stato condannato per aver somministrato e commercializzato abusivamente cibi e bevande. Gli alimenti, venduti sulla pubblica via, erano infatti privi di etichettatura e non rintracciabili, risultavano conservati in un frigorifero anch’esso collocato sulla strada e privo di rilevatore della temperatura, mentre alcune bevande era risultate non perfettamente conservate per avere quest’ultimo, in violazione dell’art. 516 c.p., somministrato e commercializzato abusivamente, sulla pubblica via, bevande, cibi cotti e carni animali in assenza di etichettatura e tracciabilità, conservandole all’interno di un frigorifero, anch’esso tenuto su strada, privo del rivelatore della temperatura. Le vivande, peraltro, risultavano non in perfetto stato di conservazione
L’imputato impugna la condanna con ricorso per cassazione rilevando l’illegittimità della sentenza per erronea applicazione della legge penale in relazione alla sussistenza del reato.
La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’imputato, ha ritenuto che si integrasse il reato di cui all’art. 5, lett. d), legge n. 283 del 1962, visto che la non genuinità dei prodotti era desunta non dall’esame degli stessi e dalle reali condizioni dei prodotti (carne), ma dalla loro non tracciabilità, dalla assenza di etichettature e dalla conservazione in un frigo privo di rilevatore di temperatura.
E’ dunque fuori dubbio che la custodia in frigoriferi non idonei alla conservazione determini violazione del divieto summenzionato. In conclusione la Corte, riqualificando il fatto, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione del reato.