
A metà luglio, sulla rivista Nature Scientific Reports è stato pubblicato uno studio condotto da un team internazionale guidato dal professor Joacim Rocklöv dell’Università di Heidelberg, in Germania, dal titolo “Predictiveness and drivers of highly pathogenic avian influenza outbreaks in Europe“.
Tra il 2006 e il 2023, i ricercatori europei hanno raccolto dati su tutti gli outbreak di influenza aviaria altamente patogena (HPAI) avvenuti in Europa e hanno trainato un modello di machine learning per predirne l’insorgenza.
Il modello ha identificato alcuni driver ambientali locali come cruciali: la temperatura minima autunnale, i livelli d’acqua nei laghi e stagni invernali e la presenza di cigni reali aumentano il rischio di focolai.
Minime più fredde in autunno e temperature rigide in inverno‑primavera sono associate a un incremento dei casi proprio perché favoriscono la permanenza del virus nell’ambiente.
Al contrario, vegetazione scarsa da ottobre a dicembre e bassi livelli d’acqua tra gennaio e marzo sembrano ridurre il rischio complessivo.
La presenza locale di popolazioni del cigno reale (mute swans Cygnus olor) è risultata un indicatore significativo per aumentare la probabilità di un focolaio nella regione.
Il modello è stato validato usando i dati reali del 2022‑2023 e ha mostrato buone performance predittive su scala spaziale e temporale.
Questi risultati suggeriscono che strumenti di sorveglianza HPAI personalizzati per area e stagione, basati su parametri ecologici locali, potrebbero migliorare l’individuazione precoce dei focolai.
Il lavoro offre quindi spunti utili per la programmazione di azioni preventive locali e mirate, utili a contenere i rischi sia nell’avicoltura che in salute pubblica.