I ricercatori, coordinati dall’università tedesca di Stellenbosch, hanno voluto raccogliere i dati contenuti in modo frammentario in numerosissimi studi, e razionalizzare quanto emerso finora in merito alle differenze nella qualità e quantità dei semi associate alla presenza o meno di impollinatori. Nello specifico, hanno riunito oltre 1.500 esperimenti presenti in tre grandi database internazionali, che hanno avuto come oggetto poco meno di 1.400 popolazioni di piante e circa 1.100 specie appartenenti a 143 famiglie di tutto il mondo, con la sola eccezione dell’Antartide. Sono così riusciti a realizzare un unico archivio omogeneo, dal quale è stato possibile trarre conclusioni su larga scala.
Il risultato è stato che un terzo delle piante che producono fiori, in assenza di impollinatori, non produrrebbe più semi, mentre circa la metà di esse avrebbe una riduzione dell’80% della fertilità. Infatti l’autoimpollinazione, possibile per molte piante, è molto meno efficiente rispetto all’intervento degli insetti. E oltretutto ha una conseguenza che, a sua volta, alimenta un circolo vizioso: le piante che si autoimpollinano producono meno polline e meno nettare, e contribuiscono così al decremento delle popolazioni di insetti. E non è tutto. Se c’è un calo di impollinatori, oltre a diminuire la biodiversità, evento sempre nefasto, si creano le condizioni ideali affinché le piante che riescono ad autoimpollinarsi prevalgano sulle altre, favorendo ulteriormente la scomparsa degli insetti.
Secondo gli autori purtroppo siamo già in una situazione nella quale gli impollinatori, quando presenti, non riescono a compensare le perdite di altre zone, e per questo è quanto mai urgente agire, se si vogliono evitare vere e proprie catastrofi alimentari.
Fonte:
Il declino degli impollinatori: una catastrofe per le piante che dipendono dagli insetti per riprodursi