Il trattamento degli alimenti con radiazioni ionizzanti è una tecnologia di conservazione che ha lo scopo di preservare la qualità igienica degli alimenti e di prolungarne la shelf-life (la vita commerciale del prodotto).
Il processo consiste nel sottoporre l’alimento a dosi ben definite di radiazioni ionizzanti che sono in grado di inattivare il materiale genetico delle cellule microbiche, con conseguente inibizione della suddivisione cellulare, e di inibire l’attività degli enzimi degradativi che provocano il deterioramento degli alimenti.
Il trattamento viene quindi applicato per impedire/ritardare la germogliazione dei tuberi e dei bulbi, ridurre la carica microbica di batteri saprofiti in carni, pollame e pesci freschi, inattivare gli insetti infestanti, inclusi gli stati larvali e i parassiti, e i batteri patogeni in prodotti deperibili e in alimenti congelati. Pertanto, quando applicato nel rispetto della normativa vigente, tale trattamento è ritenuto sicuro.
La normativa nazionale (Decreto Legislativo 30 gennaio 2001, n. 94), rispettando quanto dettato dalle direttive 1999/2/Ce e 1999/3/CE, stabilisce il campo di applicazione dell’irraggiamento, le finalità e le condizioni del trattamento, ivi comprese le sorgenti di radiazioni che possono essere utilizzate, le dosi che possono essere applicate, i requisiti igienici dei prodotti da sottoporre al trattamento e le categorie di alimenti che possono essere irradiate. Inoltre essa prevede l’obbligo di etichettatura e il controllo degli impianti e degli alimenti in fase di commercializzazione. Dal 2006 in Italia si effettuano controlli nelle fasi di commercializzazione e di importazione degli alimenti per verificarne la conformità ai requisiti di autorizzazione ed etichettatura. Tale attività di controllo prevede, tra l’altro, l’invio dei risultati all’EFSA e alla Commissione europea.
Complessivamente, nel corso dell’anno 2021, le attività di controllo ufficiale sul territorio nazionale e in entrata da altri Paesi, hanno riguardato il prelievo e l’analisi di 384 campioni di prodotti di vario tipo, sia di origine animale (prodotti della pesca, carni, cosce di rana) che non animale (spezie ed erbe aromatiche, ortaggi, condimenti vegetali, funghi, frutta, estratti vegetali per integratori alimentari). Sono stati analizzati anche matrici non previste dal piano come: zucchero, patate, farina di mandorle, pesche, prugne secche, carne di ovino e coniglio. Il numero di campioni analizzati è leggermente inferiore a quello previsto dal piano (416), ciò nonostante, l’Italia si colloca comunque tra i principali Paesi che forniscono dati analitici alla Commissione europea in materia di controllo degli alimenti irradiati. Occorre considerare, inoltre, che anche l’anno 2021 è stato segnato dall’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19 diffusa a livello globale, che ha visto molti dei laboratori e relativo personale, impegnati per altre tipologie di attività ritenute ovviamente prioritarie.