L’ultimo rapporto dell’IPCC, nel volume dedicato all’adattamento, indica quali sono le soluzioni da applicare per contenere gli impatti del riscaldamento globale sulla salute dei mari, pesca compresa. Ricordiamo infatti che i cambiamenti climatici peggiorano gli impatti sulla vita marina già dovuti ad altri fattori, come il degrado degli habitat, l’inquinamento marino, la pesca eccessiva e l’introduzione di specie non indigene. In più, le temperature maggiori incrementano l’eutrofizzazione costiera e l’ipossia associata che aumentano la mortalità anche negli stock ittici.
Sulle Aree Marine Protette (AMP), nella fattispecie, l’IPCC indica che serve aumentarne l’efficacia.
Le AMP possono contribuire in modo sostanziale all’adattamento e alla mitigazione se sono progettate per affrontare i cambiamenti climatici, implementate in modo strategico e ben governate. Il ripristino degli habitat limita la perdita di servizi ecosistemici legata ai cambiamenti climatici, tutela la biodiversità, protegge le coste, promuove il turismo, fornisce benefici di mitigazione su scala locale e regionale (per esempio, attraverso ecosistemi “blue carbon” che immagazzinano carbonio) e può salvaguardare la produzione ittica in un clima più caldo.
Al riguardo, è recente la notizia dell’approvazione definitiva del regolamento europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) di almeno il 20% entro il 2030 delle zone terrestri e marine, che si inserisce nel contesto di protezione della biodiversità del Green Deal europeo – vedi target di protezione del 30% entro il 2030. Politiche che avranno bisogno del pieno sostegno della nuova Commissione europea in fase di composizione (e che però non sono ben viste dall’attuale Governo italiano).
Dal punto di vista dell’adattamento climatico, in generale, l’IPCC ricorda il ruolo e l’efficacia crescente delle nature-based solution, le soluzioni basate sulla natura. Cioè quelle azioni che usano il più possibile meccanismi adattativi che producano benefici contemporanei anche sulla riduzione delle emissioni di gas serra e sulla conservazione della biodiversità (oltre che benefici sociali, economici e culturali). Infatti, si legge nel rapporto IPCC, «l’efficacia delle nature-based solution diminuisce con il riscaldamento; la conservazione e il ripristino da soli non saranno sufficienti a proteggere le barriere coralline oltre il 2030 e a proteggere le mangrovie oltre il 2040». In altre parole, serve sempre e comunque continuare a ridurre le emissioni.
Nel rapporto della FAO The State of World Fisheries and Aquaculture 2024, viene descritto lo stato delle riserve ittiche nel mondo, distinguendo tre gruppi principali: le riserve sfruttate sotto le potenzialità massime, quelle sfruttate al massimo delle potenzialità (dove prelievo e rigenerazione sono in equilibrio) e quelle sovrasfruttate. Dal 1974 al 2021 si registra un andamento in continuo peggioramento: oggi un terzo circa degli stock è sovrasfruttato.