La chiave della sicurezza alimentare sta in una parola di quattro lettere: semi. Sono i semi che, anno dopo anno, consentono i raccolti che alimentano gli uomini e gli animali, e i semi hanno una storia. Le specie commestibili sono un numero enorme che nei millenni gli uomini hanno imparato a selezionare per ottenere raccolti più ricchi e cibi più nutrienti e digeribili. Molti di quei semi hanno le loro origini in luoghi speciali, nei quali clima, terreni e acqua hanno favorito in tempi remotissimi una straordinaria biodiversità.
Di questi luoghi speciali otto sono più speciali degli altri, e sono sparsi per il pianeta, dalla Mezzaluna Fertile all’Etiopia, dal Messico all’Indonesia.
‘Semi Ritrovati’ di Marco Boscolo ed Elisabetta Tola è un reportage sulle tracce di Nikolay Vavilov, il genetista russo che nei primi decenni del ‘900 girò il mondo alla ricerca di semi adatti alle diverse condizioni climatiche dell’Urss e fondò la prima Banca dei semi. Un viaggio alla ricerca delle soluzioni possibili per nutrire sostenibilmente un mondo sempre più affollato.
Recuperando semi trascurati più resilienti e meno esigenti, più adatti al territorio, con rese meno alte ma più stabili, si recuperano colture e culture, saperi e sapori dimenticati.
È il percorso inverso a quello seguito negli ultimi decenni: in Italia fino al secondo dopoguerra c’erano 6.200 tipi di grano, oggi ridotti a un paio di decine; a metà degli anni ’90 le prime dieci aziende che producevano sementi coprivano il 16% del mercato, oggi il 90%. La loro strategia è la quantità non la diversità, è il disaccoppiamento della fattoria dal territorio nel quale è insediata.
Ma lo stesso seme non va bene dovunque, per andare bene ha bisogno di sempre più chimica che lo rafforzi e lo protegga.
È un circolo vizioso che le banche del seme, le reti rurali che si stanno diffondendo in tutti i continenti cercano di spezzare, per darsi un futuro e vincere la fame assecondando la natura e non combattendola.