«Non ci sono le condizioni per concludere i negoziati». Così, qualche giorno fa Eric Mamer, portavoce della Commissione, ha risposto ad una domanda sullo stato della trattativa per l’accordo tra Europa e paesi del Mercosur.
Annuncio accolto dagli applausi degli agricoltori che nelle stesse ore marciavano su Bruxelles per dire no alla politica agricola comune. In gioco con l’area di libero scambio che comprende Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay non c’è però solo il commercio di alcuni importanti prodotti alimentari, ma molto altro. Tutto bloccato per ora, anche se lo stesso portavoce si è affrettato a precisare che la Commissione Europea «resta ferma nella sua volontà di raggiungere un accordo che rispetti i termini dell’Ue in fatto di sostenibilità, oltre che di tutela dell’agricoltura interna».
Il succo dell’intesa è basato su tre punti: azzeramento reciproco di quasi tutti i dazi, possibilità per l’Europa di esportare in Sudamerica a condizioni più favorevoli automobili, macchinari e prodotti chimici (in barba alla Cina), possibilità per i Paesi Mercosur di far arrivare in Europa più prodotti agricoli. Una prospettiva che agli agricoltori europei non è mai piaciuta per questioni di mercato ma anche di tecniche di produzione. A preoccupare sono le agevolazioni per prodotti come la carne di manzo e di pollo dal Brasile, e poi riso, miele, formaggi, zucchero, carne di maiale, latte in polvere. Il testo del 2019 indica fino a quasi 100mila tonnellate di carne bovina ogni anno e 190mila di zucchero.
Tutto senza dire delle questioni ambientali. Si profilerebbe la possibilità, anche secondo le associazioni ambientaliste, di veder arrivare in Europa alimenti prodotti con l’uso di pesticidi e tecniche che in Europa sono proibite. Per questo, però, l’intesa prevede fondi Ue per aiutare gli agricoltori sudamericani nel cammino verso la conversione verde e il blocco della deforestazione (a fine del 2023 la richiesta dell’area Mercosur era di oltre 12 miliardi di euro).
Dietro all’ipotesi di accordo ci sono però anche altri comparti economici. Pochi giorni fa, 23 associazioni industriali che rappresentano «un’ampia gamma di industrie europee e altre imprese con sede nell’Ue», hanno scritto ai vertici dell’Ue per chiedere una rapida conclusione dei negoziati. C’è il rischio di crisi sul fronte delle materie prime ma anche su quello dei mercati d’esportazione.