La libertà di religione si scontra con il benessere animale.
La Corte europea dei diritti umani (CEDU) per la prima volta in assoluto, con sentenza del 13 febbraio 2024, si è pronunciata sul divieto di macellazione rituale senza stordimento preventivo in vigore nelle regioni fiamminghe e valloni del Belgio, stabilendo che esso non viola la libertà di religione (art. 9 CEDU) né il principio di non discriminazione (art. 14 CEDU).
Le autorità fiamminghe e valloni avevano emanato decreti che imponevano lo stordimento reversibile prima della macellazione rituale, vietando di fatto la pratica senza stordimento.
Alcuni cittadini belgi e organizzazioni non governative, rappresentanti di comunità musulmane e ebraiche, hanno presentato ricorso alla CEDU lamentando una violazione della loro libertà di religione e una discriminazione rispetto ad altri gruppi (cacciatori, pescatori, popolazione generale).
La CEDU ha riconosciuto che il divieto di macellazione senza stordimento costituisce un’ingerenza nella libertà di religione, ma ha ritenuto che essa sia giustificata e proporzionata per il perseguimento di un obiettivo legittimo: la protezione del benessere animale.
La Corte ha sottolineato che il concetto di “morale pubblica” menzionato nell’articolo 9 della Convenzione europea dei diritti umani (libertà di religione) può includere anche la protezione degli animali, in quanto esseri viventi che meritano tutela.
La sentenza rappresenta un precedente importante nel bilanciamento tra libertà religiosa e tutela degli animali. La Corte ha riconosciuto l’importanza di entrambi i principi, ma ha ritenuto che, in questo caso, l’interesse pubblico alla protezione degli animali prevalga. La CEDU ha quindi trovato un equilibrio delicato, riconoscendo l’importanza di entrambi i principi, ma aprendo la porta a possibili e future controversie su questioni simili.
In conclusione, la CEDU ha stabilito che il divieto di macellazione rituale senza stordimento in Belgio non viola la libertà di religione né il principio di non discriminazione, riconoscendo la legittimità dell’obiettivo di protezione del benessere animale.