Gli allevamenti bovini, da latte e da carne, sembrano essere gli anelli deboli della filiera alimentare in questo periodo di emergenza.
Un caso esemplare è quello degli hamburger destinati ai fast food. Gli strombazzanti messaggi pubblicitari ci raccontano che si tratta di carne proveniente dagli allevamenti italiani, non si dice però che provengono in gran parte dagli allevamenti di bovine da latte. Si tratta di animali a “fine carriera” la cui carne non è molto apprezzata dai consumatori per l’abbondante “marezzatura” (ovvero le infiltrazioni di grasso visibili nella carne). In realtà si tratta di un pregio perché il grasso racchiude le essenze aromatiche presenti nei foraggi che gli animali mangiano e che sono sprigionati con la cottura. Quando questa carne è tritata per farne degli hamburger la “marezzatura” non si apprezza e inconsapevolmente si mangia della ottima carne.
Altrettanto complicata è la situazione del latte. Quello che troviamo fresco in commercio è praticamente tutto di produzione nazionale: le norme vigenti prevedono infatti che il latte debba essere lavorato entro le 48 ore dalla mungitura; per ragioni logistiche diviene quindi difficile poter utilizzare latte di importazione.
Il latte a lunga conservazione è invece in gran parte di importazione.