Una nuova serie pubblicata sulla rivista The Lancet lancia l’allarme sugli alimenti ultra‑processati (UPF), prodotti industriali composti da ingredienti estratti o sintetici e additivi, progettati per essere appetibili, duraturi e pronti all’uso. Studi recenti dimostrano che questi cibi stanno sostituendo progressivamente le diete tradizionali a base di alimenti freschi o minimamente processati, con conseguenze negative per la salute pubblica.
Le ricerche incluse nella revisione evidenziano una correlazione tra elevato consumo di UPF e un aumento del rischio di obesità, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e altre patologie croniche. Pur riconoscendo i limiti degli studi osservazionali, gli autori sottolineano che i dati disponibili sono già sufficienti per richiedere interventi urgenti.
Secondo gli esperti, le politiche focalizzate solo su grassi, zuccheri e sale non bastano: occorre considerare anche il grado di trasformazione degli alimenti. Tra le proposte avanzate vi sono etichette più chiare, restrizioni sul marketing verso i minori, tassazione dei prodotti ultra‑processati e maggiore accesso a cibi freschi e sostenibili.
La serie evidenzia inoltre il ruolo predominante delle grandi aziende alimentari globali, che controllano una quota significativa del mercato e influenzano le politiche alimentari, rappresentando un ostacolo alla tutela della salute pubblica. Gli autori insistono sulla necessità di un cambiamento strutturale dei modelli alimentari, sottolineando che le scelte individuali non bastano a proteggere la popolazione dai rischi associati agli UPF.
Lancet indica gli alimenti ultra‑processati come una delle principali sfide della nutrizione contemporanea, invita a intervenire tempestivamente con politiche e strategie di prevenzione mirate, per garantire diete più sane e sostenibili.


