Un gruppo di 14 ricercatori e ricercatrici dei dipartimenti di medicina e di microbiologia e immunologia della Stanford University, in California ha condotto uno studio clinico su 22 coppie di gemelli adulti identici in buona salute.
Per permettere una valutazione in parallelo degli effetti dell’alimentazione vegana rispetto a quella onnivora, ciascuna coppia ha seguito per otto settimane una dieta sana, a base di cereali, frutta e verdura, ma differenziata tra i due fratelli o le due sorelle: una integrava anche alimenti di origine animale e l’altra no.
A un membro di ciascuna coppia di gemelli scelto casualmente è stata assegnata una dieta vegana, che includeva soltanto cibi di origine vegetale, senza carne, uova o altri prodotti di origine animale. All’altra gemella o gemello di ciascuna coppia è stata invece assegnata una dieta onnivora, che includeva almeno una porzione (170-200 g) di pesce, carne o pollo, un uovo e una porzione e mezza di latte o latticini al giorno. Entrambe le diete erano bilanciate dal punto di vista nutrizionale: includevano verdure, legumi, frutta e cereali integrali, ed erano prive di zuccheri aggiunti e cereali raffinati. Per le prime quattro settimane i 21 pasti settimanali sono stati forniti a ciascun partecipante gratuitamente, a domicilio, e per le successive quattro settimane sono stati preparati in autonomia con la supervisione di un dietologo.
I risultati dello studio, pubblicato il 30 novembre sulla rivista scientifica JAMA, hanno mostrato un miglioramento dei valori relativi alla salute cardiovascolare maggiore nell’individuo di ciascuna coppia che aveva seguito la dieta vegana.
Dopo otto settimane le persone che avevano seguito l’alimentazione priva di alimenti di origine animale hanno mostrato in media livelli significativamente più bassi di colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”, cioè le particelle che in quantità eccessive tendono a depositarsi sulla parete delle arterie). Hanno migliorato inoltre i loro livelli di insulina a digiuno e hanno perso più peso rispetto al proprio fratello gemello o alla propria sorella gemella. Lo studio è stato ripreso da diversi siti di informazione e divulgazione, principalmente perché rappresenta un tentativo abbastanza eccezionale di eliminare la variabile genetica dai fattori che possono influenzare i risultati degli studi sulla nutrizione, come anche altri di tipo diverso.
Una delle conclusioni condivise dal gruppo di ricerca è che l’opportunità di osservare differenze ancora più marcate tra i due gruppi è stata probabilmente limitata dal fatto che le gemelle e i gemelli coinvolti erano persone in salute già prima dello studio. Il loro livello medio basale di colesterolo LDL (114 mg/dl) era ottimale, condizione che lasciava loro uno spazio minimo per migliorare quel valore soltanto attraverso la dieta. Il fatto che la popolazione dello studio fosse sana limita inoltre la possibilità di generalizzare le conclusioni estendendole ad altre popolazioni, che potrebbero avere condizioni di salute e necessità diverse.
Un limite dello studio citato dagli autori e dalle autrici è che non è stato seguito da alcun periodo di follow-up, per verificare a distanza di tempo le informazioni sulla stabilità dei risultati e sulla sostenibilità delle abitudini alimentari a lungo termine. Esiste inoltre la possibilità che il miglioramento dei valori del colesterolo LDL sia correlato non alla dieta vegana in sé ma alla perdita di peso, considerato che i partecipanti non avevano una soglia minima né massima di calorie quotidiane da assumere comune ai due gruppi. Sebbene l’alimentazione vegana possa indurre i cambiamenti fisiologici osservati nello studio, ha scritto il gruppo di ricerca, non è possibile sostenere che i meccanismi biologici alla base di quei cambiamenti siano l’effetto diretto della sola dieta vegana e non anche di altre variabili confondenti, come la perdita di peso, la diminuzione dell’apporto calorico e l’aumento dell’assunzione di verdure.
Considerato che anche il gruppo di partecipanti onnivori ha migliorato la qualità dell’alimentazione, assumendo più verdure e cereali integrali e meno zuccheri aggiunti e cereali raffinati rispetto alla propria alimentazione abituale, i risultati dello studio non descrivono l’esclusione completa degli alimenti di origine animale come un comportamento necessario per trarre benefici cardiovascolari. Come suggeriscono altre ricerche e studi recenti, quei benefici possono essere ottenuti anche con modeste riduzioni degli alimenti di origine animale e dei latticini, e un aumento di alimenti di origine vegetale rispetto alle quantità presenti nelle diete abituali di molte persone.