Il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e altre fonti di fibra alimentare è unanimemente riconosciuto come benefico per la salute. Le linee guida dietetiche indicano nell’adulto un apporto ottimale di fibre alimentari di 30-35 g/die per gli uomini e 25-32 g/die per le donne.
L’assunzione di fibre alimentari, insieme ad altri nutrienti, è stata associata anche a un miglioramento dell’integrità cerebrale, come un volume cerebrale totale maggiore e un volume di iperintensità della sostanza bianca inferiore negli anziani senza demenza, ricordano gli autori dello studio.
L’impatto della fibra alimentare sulla funzione cognitiva potrebbe essere mediato dalla sua influenza sul microbiota intestinale. L’assunzione di fibre alimentari modella la composizione e/o la funzionalità del microbiota intestinale, aumentando la produzione di prodotti finali fermentativi, come gli acidi grassi a catena corta (SCFA). Questi metaboliti hanno mostrato il potenziale per modulare la funzione cerebrale attraverso l’asse ‘microbiota-intestino-cervello’.
Il team internazionale di ricercatori (statunitensi, spagnoli e italiani) su queste premesse ha valutato la relazione tra l’assunzione di fibre alimentari e l’incidenza del declino cognitivo in uno studio prospettico sugli anziani residenti in comunità, lo studio Invecchiare in Chianti, l’invecchiamento nell’area del Chianti (InCHIANTI).
Lo studio ha interessato 848 over-65 (56% femmine), con età media di 71 anni. Per 15 anni, a cadenza triennale, i ricercatori hanno esaminato la loro dieta, le condizioni cognitive e altri parametri di salute.
Nei 15 anni di osservazione non è emersa in generale una correlazione tra consumo di fibre e declino cognitivo.
Negli anziani con il gene APOE4 (associato a un rischio Alzheimer superiore alla media), invece, è emerso che un consumo quotidiano di 5 grammi di fibre alimentari è marcatamente associato a un rischio inferiore del 30% di declino cognitivo.