Oggi gli osti bolognesi non li propongono quasi più, quasi sempre preferiscono andare sul sicuro con i famosissimi tortellini, con le rinomate tagliatelle al ragù o con le lasagne.
Ma in questi giorni gli studiosi della storia gastronomica della città stanno tributando onore a un altro piatto meno conosciuto, quello dello strichetto. E non solo perché è un primo tipico che affonda le proprie radici nelle origini della più rigida tra le secolari tradizioni culinarie emiliane, ma anche perché è un bell’esempio di sostenibilità.
Si prepara infatti con gli scarti della sfoglia fatta mano. In pratica ciò che resta di tortelloni o tortellini è il ritaglio da trasformare in un primo piatto gustoso dopo averlo stretto al centro con pollice e indice e averne frastagliato i lembi con la rotella tagliapasta. Della serie: della sfoglia non si butta via nulla, come ben sapevano le massaie bolognesi che lo hanno inventato, facendone una sorta di antenato delle “farfalle” lanciate dall’industria alimentare.