Colombe e uova pasquali in tempo di Covid
La “colomba” può chiamarsi tale soltanto se prodotta secondo quanto previsto dal DM 22.7.2005 (pubblicato nella GU 177 del 1.8.2005) successivamente modificato con il DM 16.5.1977.
In particolare la “denominazione «colomba» è riservata al prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida (lievito madre) , di forma irregolare ovale simile alla colomba, una struttura soffice ad alveolatura allungata, con glassatura superiore e una decorazione composta da granella di zucchero e almeno il due per cento di mandorle, riferito al prodotto finito e rilevato al momento della decorazione”.
Riprodurre in casa queste condizioni di produzione non è molto agevole; tali difficoltà sono praticamente insormontabili per alcune “variazioni” sul tema delle colombe come la farcitura con creme, la glassatura o, addirittura, l’aromatizzazione con aceto balsamico, che richiedono l’intervento di abili pasticceri.
Per le uova di cioccolata non abbiamo invece alternative all’acquisto negli esercizi commerciali. Generalmente non si fa molto caso alla qualità del cioccolato, al suo peso e al costo unitario. Generalmente restiamo abbagliati dalle confezioni e dalla segreta speranza di trovare delle sorprese interessanti.
Ricordiamo che la qualità del cioccolato dipende dalla quantità di cacao che contiene e quello fondente ne contiene bene più del 50% ed è il migliore.
Molto importante è la dimensione delle uova che è inversamente proporzionale al prezzo: il costo unitario al Kg è decisamente maggiore per le uova più piccole. Un uovo della stessa marca di 100 grammi può costare al kg sensibilmente più di un uovo da 250 grammi.
Attenzione alla data di scadenza del prodotto e alla qualità del cioccolato: solo il “cioccolato puro” non contiene oli tropicali o altri grassi vegetali; in caso contrario, deve essere riportata la dicitura “contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao”, dicitura che deve essere ben visibile e chiaramente leggibile in modo da essere di facile e immediata consultazione per il consumatore. Se poi l’etichetta riporta l’indicazione cioccolato “finissimo” o “superiore”, il contenuto di cacao deve essere almeno il 43%, mentre se nell’elenco degli ingredienti è dichiarato “cioccolato comune”, la qualità è più scadente poiché il cacao è il 25% e l’uovo di Pasqua dovrebbe costare di meno.