
Un nuovo rapporto pubblicato dall’Autorità Europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sull’influenza aviaria ad alta patogenicità nei bovini da latte degli Stati Uniti.
Nell’abstract si legge: “L’emergenza dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) A(H5N1), clade 2.3.4.4b, genotipo B3.13 nei bovini da latte degli Stati Uniti segna un cambiamento significativo nell’intervallo ospite del virus e nel profilo epidemiologico. I bovini infetti presentano tipicamente lievi segni clinici, come una ridotta produzione di latte, mastite e febbre, con morbilità generalmente inferiore al 20% e mortalità media del 2%. La trasmissione all’interno delle aziende agricole è guidata principalmente da procedure di latte e mungitura contaminati, mentre la diffusione da azienda a azienda è principalmente legata al movimento del bestiame e alle attrezzature condivise. Il virus dimostra un’elevata replicazione nelle ghiandole mammarie, con mucche infette che perdono grandi quantità di virus nel latte per un massimo di 3 settimane, anche in assenza di segni clinici. Lo spargimento attraverso altre rotte sembra limitato. I bovini infetti sviluppano anticorpi virus-specifici entro 7-10 giorni, offrendo una protezione a breve termine, anche se la durata e la robustezza dell’immunità rimangono poco chiare. Tra marzo 2024 e maggio 2025, il virus è stato confermato in 981 mandrie da latte in 16 stati degli Stati Uniti, con la California particolarmente colpita. I fattori di rischio individuati per la diffusione tra le aziende agricole comprendono il movimento dei bovini, le attrezzature condivise e il contatto con il personale esterno, mentre le misure di biosicurezza, tra cui la gestione dei rifiuti e la deterrenza della fauna selvatica, possono ridurre il rischio di introduzione del virus. In risposta ai focolai, le autorità statunitensi hanno implementato rigorosi controlli sui movimenti, test obbligatori e protocolli di biosicurezza avanzati. I potenziali percorsi di introduzione del virus HPAI B3.13 nell’UE attraverso il commercio dagli Stati Uniti potrebbero essere l’importazione di vacche in lattazione e carne bovina, anche se normative commerciali rigorose, assenza di importazione di animali e rilevamento limitato del virus nella carne, in particolare nel tessuto muscolare, non supportano questo evento. Anche l’importazione di prodotti contenenti latte crudo potrebbe costituire un potenziale percorso per l’introduzione del virus. Gli uccelli migratori, in particolare gli uccelli acquatici, rappresentano potenziali vie di introduzione durante le migrazioni stagionali. L’individuazione di mutazioni adattative dei mammiferi e di casi zoonotici sottolinea la rilevanza del virus per la salute pubblica e la necessità di ricerca, sorveglianza e preparazione intersettoriale”.