Nel 2020 sono state importate sul territorio italiano, attraverso i Posti di Controllo Frontalieri (PCF) italiani, 37.161 partite di animali, prodotti di origine animale (o.a.) e mangimi di origine animale da oltre 100 Paesi terzi con un decremento del -22,03% rispetto all’anno precedente. Valore nettamente superiore al decremento registrato nell’anno precedente (-0,9%) la cui causa principale è da imputare alle difficoltà a livello mondiale dovute alla pandemia da COVID-19.
I prodotti della pesca con 26.172 partite (70,4%) rappresentano il gruppo merceologico più numeroso seguito dalle carni con 2.762 partite (7,4%), dai mangimi ed integratori con 2.649 partite (7,1%), dagli animali vivi con 2.122 partite (5,7%), ecc.
Le carni ed i prodotti a base di carne, con 2.762 partite per un totale di circa 47.105 tonnellate, rappresentano il secondo gruppo merceologico in ordine di importanza. Nel grafico è visualizzata la ripartizione percentuale per singola voce merceologica. Il 77,9% delle partite è rappresentato da carni bovine (2.152 partite), seguono con il 6,5% le partite miste di carni e frattaglie (179), con il 4,9% i prodotti a base di carne o frattaglie (136 partite), ecc.
Le partite di animali importate (2.122) possono essere distinte, in due grossi gruppi merceologici: animali di interesse agricolo-zootecnico e altri animali quali pesci tropicali/ornamentali, animali da affezione, animali da laboratorio, invertebrati ecc. Gli animali vivi non agricolo-zootecnici 2.101 partite rappresentano quindi il 99% delle partite di animali vivi.
Tra i prodotti di o.a. non destinati al consumo umano le voci merceologiche più importanti sono costituite da alimenti per cani o gatti condizionati per la vendita al minuto (2.516 partite) e pelli di bovini, ovini, equidi, ecc. (603 partite).
Nel 2020 sono state respinte 103 partite di merci pari allo 0,3% circa delle partite presentate all’importazione. La percentuale è di poco inferiore a quella dell’anno precedente (0,5%).
I respingimenti possono essere distinti in base alle motivazioni che li hanno determinati. In particolare, essi possono derivare da quattro categorie di controllo sfavorevole: controllo documentale; controllo di identità; controllo fisico; controllo di laboratorio.
Esaminando il totale dei respingimenti effettuati dai PCF italiani nel 2020 si può constatare che il 35% (pari a 36 respingimenti) è conseguito a controlli documentali sfavorevoli, il 2% (pari a 2 respingimenti) a controlli fisici sfavorevoli, il 4,9% (pari a 5 respingimenti) a controlli di laboratorio sfavorevoli, il 12,6% (pari a 13 respingimenti) è avvenuto a seguito di controlli d’identità sfavorevoli ed il 45,5% restante (pari a 47 respingimenti) per altri motivi.
I respingimenti a seguito di controllo documentale sfavorevole hanno riguardato pressoché tutte le categorie di merci, ma hanno avuto una particolare incidenza (9,7%) nel settore dei prodotti della pesca, dell’acquacoltura e dei molluschi e (9,7%) nel settore del latte, derivati, uova e altri prodotti destinati al consumo umano. Irregolarità documentali quali mancanza di certificato e certificato non conforme sono state le cause di respingimento più frequenti.