
La Legge SalvaMare, in vigore dal 25 giugno 2022, segna un importante traguardo nella lotta all’inquinamento ambientale in Italia.
L’inquinamento marino rappresenta una delle emergenze ambientali più gravi a livello globale. Le sue principali fonti sono di natura chimica – come gli sversamenti di idrocarburi, i contaminanti trasportati dai fiumi, il traffico navale e le emissioni atmosferiche – e di natura fisica, legata all’enorme quantità di plastica dispersa: ogni anno, milioni di tonnellate di rifiuti finiscono nei mari e negli oceani, con gravi ripercussioni sull’ambiente e sulla salute umana.
Pensata per contrastare la dispersione di rifiuti, in particolare plastica, in mare, laghi e fiumi, la norma consente ai pescatori di raccogliere i rifiuti accidentalmente pescati, che fino a poco tempo fa erano considerati “rifiuti speciali” e, paradossalmente, non potevano essere riportati a terra. Ora potranno essere smaltiti correttamente nei porti.
Un’altra importante novità introdotta dalla Legge SalvaMare riguarda l’installazione di barriere nei fiumi, con l’obiettivo di intercettare i rifiuti prima che raggiungano il mare. Per ridurre l’impatto dell’inquinamento marino di origine fluviale, le Autorità di bacino distrettuali sono chiamate a definire specifici atti di pianificazione e ad avviare misure sperimentali nei corsi d’acqua finalizzate alla cattura dei rifiuti galleggianti.
La legge promuove anche attività di educazione ambientale, campagne di sensibilizzazione e azioni di monitoraggio, coinvolgendo scuole, enti locali e cittadini. L’Istituto Superiore di Sanità evidenzia come la normativa rappresenti un’occasione per ridurre l’impatto degli inquinanti negli ecosistemi acquatici, preservare la biodiversità e promuovere una cultura del rispetto ambientale. È un passo avanti nella transizione ecologica, che mette al centro la tutela dell’ambiente e la responsabilità collettiva.