Revisione critica della letteratura e risultati sperimentali sulla maturazione della carne: parametri di processo, attrezzature e indicatori microbiologici.
Sara Panseri*, Alessandra De Cesare**, Federica Savini**, Valentina Indio**, Federica Giacometti**, Anna Padovani***, Stefano Benedetti****, Andrea Serraino.**
*Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali (UNIMI)
** Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie (UNIBO)
*** Regione Emilia-Romagna – Area Sanità Veterinaria e Igiene degli Alimenti, Settore Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica – Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare
La maturazione aerobia della carne o dry-aging è un procedimento tecnologico, nel quale la carne viene fatta maturare all’interno di celle a temperatura, umidità relativa (UR) e ventilazione e pH controllati; la maturazione determina un intenerimento delle carni e la comparsa di caratteristiche organolettiche più intense rispetto alla carne fresca.
Non esiste una indicazione normativa che differenzi la carne fresca dalla carne maturata. L’autorità Europea per la Sicurezza Alimentare suggerisce il limite temporale di 14 giorni dalla macellazione per differenziare una carne fresca da una carne maturata. Da un recente studio sperimentale condotto su costate di Frisona Italiana da filiera del Parmigiano Reggiano e Black Angus sottoposte a dry-aging mediante impiego di attrezzatura appositamente progettata per la conservazione e trasformazione della carne e dotata di tecnologia (dispositivo e metodo) brevettati (1°C, 78% U.R., 1,8 m s-1 velocità flusso, pH metria integrata a 5.6), con valutazioni condotte a 0, 30 e 60 giorni, è emerso come il processo di dry-ageing vada ad influire positivamente su caratteristiche qualitative ed organolettico-sensoriali. In particolare, è emerso come alla valutazione del profilo degli acidi grassi e valutazione proteomica, durante il processo di maturazione fino a 60 giorni, non avvengano significativi processi di ossidazione, come evidenziato dal mantenimento delle percentuali di acidi grassi mono- e soprattutto polinsaturi che sono solitamente soggetti ad ossidazione durante la conservazione di alimenti altamente deperibili quali la carne.
Alla valutazione delle modificazioni di stress ossidativo a carico delle proteine, che giocano un ruolo nutrizionale importante nella dieta, non sono emerse differenze significative durante tutti i giorni di maturazione indagati. Al procedere della maturazione, fino ai 60 giorni, è stata evidenziata inoltre una maggior concentrazione di alcuni aminoacidi liberi (lisina, valina, serina, arginina, tirosina, creatina, carnosina, carnitina, fenilalanina, glutammato, metionina, carnosina) confermando come durante il dry-ageing sia in atto e permanga una proteolisi spontanea la quale è in relazione con aumento di caratteristiche quali sapidità, succosità e digeribilità anche in accordo con la letteratura ad oggi presente. I risultati della analisi peptidomica confermano che il processo di proteolisi/peptidolisi è ancora in atto durante il dry-aging con la genesi di un numero crescente di precursori di peptidi bioattivi evidente nella maturazione prolungata (60 giorni); tali precursori e peptidi bioattivi sono stati ricondotti a cluster di composti con azione funzionale di tipo antipertensivo secondo le principali banche dati di riferimento. Lo studio ha anche indagato il possibile impiego delle sostanze volatili (aldeidi ramificate e chetoni) quali possibili marker di processo, in quanto in stretta relazione con attività di tipo alterativo. Due Agenzie Internazionali – Meat and Livestoc Australia (MLA) (2018), e US Meat Export Federation, hanno fornito indicazioni sui parametri di processo di maturazione: MLA (0,5-3°C, 75-85%UR C e 0,2-0,5 m/s) e US Meat Export Federation (0-4°C, 80-85%UR e 0,5-2 m/s).. Il rispetto di questi parametri dovrebbe garantire sulla superficie delle carni valori di pH e attività dell’acqua (aw) in grado di limitare lo sviluppo di microrganismi degradativi, patogeni e muffe. Diversi autori e EFSA riconoscono un ruolo fondamentale della dinamica di essicamento superficiale e della formazione della crosta per limitare la moltiplicazione controllo dei microrganismi patogeni limitata, inoltre, dalla competizione con altri microrganismi naturalmente presenti sulla superficie delle carni con particolare riferimento ai batteri lattici. Gli studi effettuati sulle modalità commerciali di maturazione indicano tempi e temperature variabili, con una evidente mancanza di standardizzazione e controllo dei parametri di processo. EFSA suggerisce che la maturazione della carne debba essere effettuata in attrezzature appositamente progettate. La corretta programmazione del flusso dell’aria, associata a un corretto posizionamento della carne nelle celle e alla scelta dei tagli da sottoporre a maturazione, che non devono presentare fessurazioni, hanno un ruolo fondamentale nel corretto essiccamento superficiale della carne. Per quanto riguarda i parametri di processo, una maturazione a 1-2°C, 75-80% di UR con una ventilazione di 1,5-2,5 m/s per raggiungere un pH inferiore a 5,8 garantisce l’essiccamento superficiale e un processo di maturazione della carne che previene lo sviluppo di muffe sulla superficie della carne e fenomeni degradativi nella parte interna della carne.EFSA indica che alle condizioni di refrigerazione normalmente applicate durante la maturazione della carne gli unici microrganismi patogeni che in funzione dei dati disponibili e dei risultati di microbiologia predittiva potrebbero moltiplicarsi sono Listeria monocytogenes e Yersinia enterocolitica (nelle carni suine). Per quanto riguarda Listeria, Muniz da Silva (2019) riporta una inattivazione di L. innocua durante la maturazione; Van Damme (2022) riporta invece sia la decrescita di L. monocytogenes a differenti condizioni di temperatura e UR (2-6°C; 75-85%) ma anche il suo incremento di circa 1 Log UFC/g nel corso di 42 giorni di maturazione in associazione ad un aumento del pH. Infine, EFSA indica che sulla base di modelli predittivi e i dati disponibili, la maturazione a 3°C per 35 gg determina una crescita di L. monocytogenes non superiore a quella prevedibile anche nella carne fresca pari a 2 Log UFC/g. che è un valore accettabile in termini di criteri di sicurezza. In relazione ad altri patogeni rilevanti per la carne, ci sono studi che indicano che nel corso della maturazione, Salmonella spp., come pure E. coli O157:H7, venga inattivata quindi non c’è ad oggi motivo di ritenere che la presenza di Salmonella nelle carni maturate sia superiore rispetto alle carni fresche.
In relazione ai microrganismi indicatori dei criteri di igiene di processo, le Enterobacteriaceae diminuiscono sulla superficie della carne durante la maturazione; ai fini della valutazione igienica del processo produttivo quindi è ragionevole attendersi, durante la maturazione condotta correttamente, una conta non superiore a quella della carne fresca.
Per quanto riguarda la carica batterica totale e i microrganismi degradativi i dati riportati in bibliografia, forniscono risultati differenti in funzione delle condizioni di maturazione e delle tipologie di microrganismi considerati (mesofili, psicrofili, LAB ecc…); tuttavia è possibile riconoscere un andamento comune con un incremento significativo sulla superficie della carne durante la maturazione fino a raggiungere 5-6 Log UFC/g in assenza di alterazioni della carne; nella nostra esperienza durante la maturazione i batteri del genere Pseudomonas tendono a sostituire progressivamente gli altri microrganismi. Complessivamente, i dati presenti in bibliografia sembrano indicare che la carica batterica totale (mesofila o psicrofila) non rappresenti un buon indicatore di igiene del processo per la carne maturata.
Per quanto riguarda le muffe, sia MLA che EFSA riportano che è improbabile che alle condizioni di maturazione si verifichi la produzione di micotossine; MLA considera l’ammuffimento superficiale una “failure” del processo e suggerisce la distruzione per le carni ammuffite. Nella nostra esperienza a condizioni di temperature e UR idonee non si verifica l’ammuffimento visibile della carne e riteniamo che la presenza incontrollata di muffe debba fare ritenere il prodotto non idoneo al consumo umano.
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