In un articolo scientifico pubblicato su Frontiers, alcuni studiosi del Dipartimento di Fisica, Università di Oxford insieme al Centro di informatica ambientale e agricola dell’Università di Cranfield e all’Istituto neozelandese di ricerca sui cambiamenti climatici, Victoria University di Wellington in Nuova Zelanda, sostengono che “il contributo dell’agricoltura ai cambiamenti climatici e il suo ruolo nella loro mitigazione sono diversi da quelli dei settori che emettono principalmente CO2 fossile. Solo con un’analisi dettagliata delle emissioni di gas serra (GS) generate dall’agricoltura e dei limiti nell’utilizzo del potenziale di riscaldamento globale a 100 anni (GWP100) è possibile quantificare le emissioni non-CO2“.
Viene sottolineata la necessità di considerare le diverse durate atmosferiche dei gas serra, come metano e ossido di azoto, e i loro impatti distinti sui cambiamenti climatici.
Gli autori argomentano che il riscaldamento globale a 100 anni non riesce a catturare appieno la dinamicità delle emissioni non-CO2 e vengono quindi suggerite modifiche nella comunicazione di tali emissioni. L’articolo affronta il ruolo delle riduzioni delle emissioni agricole nella mitigazione dei cambiamenti climatici globali, sottolineando l’importanza di ridurre le emissioni di gas serra agricoli per raggiungere gli obiettivi climatici stabiliti nell’Accordo di Parigi.
Le dinamiche dei diversi gas serra, evidenziando che “i gas serra con una vita più breve, come il metano, hanno il potenziale per raggiungere una concentrazione di equilibrio sostenuta, mentre i gas serra con una vita più lunga, come l’ossido di azoto, richiedono un approccio diverso a causa del loro effetto cumulativo nel tempo” vengono discusse dagli autori “Inoltre è discutibile l’uso tradizionale del riscaldamento globale a 100 anni come metrica per segnalare le emissioni non-CO2″ nell’articolo vengono infatti evidenzianti i limiti nel cogliere la dinamicità e gli impatti distinti dei diversi gas.
Altro punto fondamentale nell’articolo: l’importanza di considerare le implicazioni degli usi alternativi del suolo collegati alla riduzione delle emissioni agricole, enfatizzando la necessità di tener conto di una prospettiva più ampia sull’uso del suolo per realizzare percorsi di mitigazione ambiziosi.
Infatti, l’utilizzo del suolo per ottenere benefici climatici, come la fissazione del carbonio o la produzione di biomassa per l’energia, è cruciale per tali percorsi. Le azioni volte a ridurre le emissioni agricole possono quindi essere interconnesse con gli sforzi di mitigazione basati sull’uso del suolo (e viceversa). È fondamentale prestare maggiore attenzione ai fattori trainanti e alle implicazioni degli usi alternativi del suolo, poiché è attraverso differenti approcci di gestione del suolo che le strategie di riduzione delle emissioni agricole possono sostenere o entrare in conflitto con altri obiettivi sostenibili.
Inoltre è necessario un cambiamento nel modo in cui vengono comunicate le emissioni di gas serra agricoli e di come venga concepita la loro mitigazione. Infatti, secondo gli autori, i mezzi convenzionali per comunicare scenari di riduzione delle emissioni utilizzando l’equivalente CO2 sono altamente ambigui e non riflettono in modo chiaro le contribuzioni storiche o previste al cambiamento globale della temperatura. Sottolineano l’importanza di una prospettiva più sfumata sugli impatti delle diverse emissioni per guidare le decisioni politiche e suggeriscono che un approccio più preciso e trasparente alla comunicazione delle emissioni agricole è essenziale per prendere decisioni informate.
Vengono evidenziati i limiti del riscaldamento globale a 100 anni nel comunicare i ruoli distintivi dei diversi gas serra, sottolineando che affermazioni comuni come “il metano è X volte più potente della CO2 come gas serra” sono intrinsecamente troppo semplificate, poiché non possono catturare le dinamiche contrastanti dei due gas.
In conclusione, gli studiosi sostengono che, sebbene si possa ancora sostenere che le emissioni equivalenti CO2 basate su riscaldamento globale a 100 anni abbiano un’utilità nella politica climatica o come strumento di comunicazione semplificante, esse falliscono come indicatore ambientale universale, come dimostrato dalla grande variabilità nelle possibili risposte delle temperature ad emissioni teoricamente equivalenti.
Per quanto riguarda la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’articolo sottolinea l’importanza della diminuzione delle emissioni di gas serra agricoli per allinearsi agli obiettivi climatici stabiliti nell’Accordo di Parigi, naturalmente riduzioni insufficienti delle emissioni agricole potrebbero compromettere gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius e sottolineando che tutti i settori devono fare sforzi su larga scala e rapidamente per diminuire le loro emissioni di tutti i gas al fine di raggiungere tali obiettivi climatici.
Fonte:
ARTICOLO SCIENTIFICO in collaborazione con DIMEVET (accordo di collaborazione scientifica tra la Regione Emilia Romagna e il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie (DIMEVET) dell’Università di Bologna)