Una tossina vegetale dalle promettenti proprietà antibiotiche potrebbe ora sviluppare tutto il suo potenziale, grazie a uno studio che ne ha osservato più da vicino il funzionamento.
L’albicidina è una molecola prodotta da un patogeno della canna da zucchero, lo Xanthomonas albilineans, responsabile di una malattia nota come scottatura delle foglie. Da tempo si sa che è altamente efficace contro i superbatteri più pericolosi per l’uomo, come l’Escherichia coli e lo Staphylococcus aureus, che stanno diventando resistenti anche agli antibiotici di ultima risorsa, quelli che si impiegano quando nessun altro trattamento ha funzionato.
Gli esperti ritengono l’albicidina uno dei più potenti candidati antibiotici mai individuati negli ultimi decenni. Finora però i tentativi di riprodurla per uso farmacologico si erano arenati contro uno scoglio: non si capiva in che modo la sostanza interagisse con il suo “obiettivo”, un enzima – la girasi – fondamentale nel processo di duplicazione del Dna nei batteri.
Tra i compiti della girasi c’è quello di facilitare lo svolgimento della doppia elica del Dna, necessario per avviare le varie reazioni che portano alla replicazione del codice genetico.
Un team internazionale di scienziati coordinati dal John Innes Centre, un istituto di ricerca indipendente britannico, ha sfruttato la microscopia crioelettronica per fotografare il modo in cui l’albicidina si lega alla girasi. Questa tecnica di immagine al microscopio premiata con il Nobel per la Chimica nel 2017 permette infatti di vedere le strutture delle proteine con un livello di precisione fino a pochi anni fa inimmaginabile (per approfondire).
Si è così capito che l’albicidina forma una specie di “L” che impedisce alla girasi di riunire le due estremità del Dna e di svolgere il suo lavoro. Come spiegano i ricercatori, agisce in modo analogo a una chiave inglese incastrata di traverso tra due ingranaggi.