Gli esperti lo hanno ribadito a più riprese. Ma con risultati poco soddisfacenti. La pandemia da Coronavirus ha fatto crollare le donazioni di latte umano, effettuate dalle donne diventate mamme da poche settimane con l’intento di fornire un’opportunità a tutti quei neonati (compresi i prematuri) che non possono essere allattati al seno. Diverse le banche ospedaliere che hanno registrato un calo nell’affluenza femminile. E, di conseguenza, nelle quantità di latte ricevuto, da mettere a disposizione dei bambini che non possono essere nutriti al seno dalle proprie mamme.
L’appello giunge nella giornata mondiale dedicata alla donazione del latte umano (19 maggio). E affonda le radici nei numeri raccolti tra gli ospedali dotati di una banca – 39 in Italia, concentrati perlopiù nelle Regioni del Centro e del Nord del Paese – nell’ultimo anno.
Quando il latte materno è assente o insufficiente, il latte umano donato rappresenta l’alimento per eccellenza per i neonati prematuri. Per molti di questi bambini, soprattutto quelli più critici e prematuri, il latte materno può non essere disponibile almeno nel primo periodo dopo il parto. I principali vantaggi del ricorso al latte umano donato sono rappresentati dalla riduzione dell’incidenza di intolleranza alimentare, di enterocolite necrotizzante, di displasia broncopolmonare, di sepsi e di altre infezioni, di retinopatia del prematuro, dal miglioramento dello sviluppo cerebrale e neurocognitivo e dal precoce raggiungimento dell’alimentazione enterale esclusiva.