Venticinque anni fa, il 5 luglio 1996, al Roslin Institute dell’Università di Edimburgo, in Scozia un team di ricercatori, guidati dal professor Ian Wilmut (oggi “Sir”), aveva prelevato una cellula differenziata dalla ghiandola mammaria di una pecora Finn Dorset, col muso bianco, che aveva fatto fondere con una cellula uovo di una pecora donatrice, di razza Blackface. L’embrione così ottenuto era poi stato trasferito nell’utero di una madre surrogata, dal muso nero anch’essa. Il risultato fu la piccola Dolly.
Per la prima volta si era dimostrato che da una cellula somatica differenziata di un mammifero si può ottenere un animale identico. La notizia della nascita fu resa pubblica solo l’anno seguente, in concomitanza con la pubblicazione dello studio.
«Da Dolly in avanti è stato clonato uno zoo».
“Anfibi e pesci, topi, scimmie, maiali, bovini, gatti, cavalli, fra gli ultimi un furetto dal materiale genetico di un esemplare morto più di trent’anni fa. La clonazione animale è strettamente regolata e nella gran parte dei paesi è consentita solo a scopo di ricerca. Ma nel caso di specie in pericolo è un’applicazione interessante” sottolinea Carlo Alberto Redi, professore Ordinario di Zoologia presso l’Università di Pavia, accademico dei Lincei.
«L’efficienza della clonazione è migliorata, nel tempo. Per far nascere Dolly ci sono voluti 277 tentativi, per Cumulina 84, oggi siamo circa a 1 su 20. Questo porta evidentemente ad escludere la clonazione umana per ragioni tecniche oltre che etiche, ma ci dice che può essere utile per preservare specie in via di estinzione»
«Il vero lascito di Dolly è oltre la clonazione. È aver dimostrato che il programma genetico è reversibile, in opportune condizioni; grazie a Dolly e all’esperimento fantastico abbiamo avuto modo di conoscere la dissezione molecolare degli eventi, abbiamo capito punto per punto i processi biochimici della riprogrammazione genetica. Abbiamo conosciuto i geni responsabili della staminalità e Shinya Yamanaka (Nobel 2012 insieme a John Gurdon) per primo ha ottenuto delle cellule staminali embrionali indotte, cellule somatiche (adulte) indotte a tornare embrionali, grazie alla trasfezione con i geni della staminalità. Si è aperta l’opportunità meravigliosa di differenziare le cellule utili a curare le persone attraverso terapie cellulari. Questo è il vero potentissimo lascito di Dolly».
Oggi c’è un ampio ventaglio di patologie su cui si può pensare di intervenire, siamo già in fasi avanzate di sperimentazione clinica su pazienti per alcune patologie neuronali come il Parkinson, per malattie neurodegenerative, diabete, infarto del miocardio, stroke spinali, problemi della visione. Sono grandi progressi, ma i malati non vanno illusi. Le informazioni sui trial in corso e i parametri per essere eventualmente arruolabili si possono trovare sul sito www.clinicaltrials.gov.