Gli alimenti sono costituiti da tessuti vegetali e/o animali che mantengono la loro vitalità anche dopo un certo tempo dalla produzione. In quelli freschi si possono apprezzare molto bene le caratteristiche organolettiche (sapore, odore, colore, consistenza, ecc.). Dopo tempi anche molto brevi lasciandoli nelle normali condizioni ambientali si verificano delle modifiche che li rendono meno appetibili. Prolungando i tempi di conservazione le modifiche divengono più importanti e si può verificare una vera e propria degenerazione dei tessuti che perdono la commestibilità e che possono divenire anche pericolosi.
Quando nell’800 si riuscì a produrre il ghiaccio, vennero inventate le “ghiacciaie” domestiche che erano delle “casse” isolate termicamente in cui si mettevano delle colonnine di ghiaccio per mantenere delle basse temperature consentendo una buona conservazione del cibo. Le temperature che si raggiungevano erano simili a quelle dei nostri frigoriferi, divenuti di uso molto comune soltanto nella seconda metà del secolo scorso.
Il periodo di conservabilità degli alimenti è aumentato considerevolmente con l’introduzione dei “freezer” in cui si raggiungono temperature anche di – 20 °C. In queste condizioni le reazioni “biochimiche” degli alimenti si bloccano e si arrestano le proliferazioni microbiche. Almeno teoricamente, è possibile conservare il cibo inalterato anche per anni.
Il cibo è un bene prezioso che l’uomo ha sempre apprezzato e imparato ad utilizzarlo al meglio anche attraverso la refrigerazione. Adesso che, almeno nei Paesi economicamente più avanzati, c’è grande abbondanza e anche una ampia possibilità di conservazione, c’è minore attenzione e quantità anche importanti sono sprecate. Prima di buttare il cibo pensiamoci bene e riflettiamo su tutto quello che è stato fatto per conservarlo e che le nostre eccedenze alimentari potrebbero essere utilizzate da chi ha veramente fame.