Sono circa 1000 le tonnellate di petrolio sversate in mare da navi petroliere nel 2020 secondo International Tanker Owners Pollution Federation (ITOPF). Una cifra certo ancora elevata, ma molto distante dalle oltre 600 mila che finivano in acqua alla fine degli anni ’70. È vero, la frequenza dei disastri petroliferi si è ridotta di oltre il 95% da quegli anni, ma secondo le stime più accreditate a finire in mare oggi sarebbero più di 2.4 milioni di tonnellate di lubrificanti, oli, nafte e solventi riconducibili ad attività umana. Non solo incidenti, insomma: ci sono anche gli scarichi dei motori delle grandi navi, i derivati dal lavaggio delle cisterne e gli scarti di manutenzione delle piattaforme petrolifere.
Un team di chimici e ingegneri della Nanyang Technological University (NTU) di Singapore ha sviluppato una nuova “spugna” ecosostenibile a base di polline in grado di assorbire quasi ogni contaminante sversato in acqua. Una tecnologia che, se adottata su larga scala, secondo i ricercatori contribuirà a spazzare via l’inquinamento chimico e petrolifero prodotto in mare da attività antropiche.