Nel 2022, in Europa, quasi il 60 % degli adulti e quasi un bambino su tre erano in sovrappeso o obesi, osserva l’Organizzazione mondiale della sanità. Poiché la tendenza non mostra segni di flessione, è opportuno comprendere meglio il rapporto tra i cambiamenti che il tessuto adiposo subisce nell’obesità e l’impatto che ciò può avere sull’infiammazione.
«Negli ultimi vent’anni abbiamo capito che la relazione tra le funzioni e le interazioni delle nostre cellule immunitarie e le cellule adipose bianche, gli adipociti, sono di importanza fondamentale per la nostra salute», afferma Eran Elinav, professore del Dipartimento di Immunologia dei sistemi presso l’Istituto di scienze Weizmann e direttore della Divisione Microbioma e cancro presso il Centro tedesco di ricerca sul cancro (DKFZ).
Elinav, che ha coordinato il progetto ADIMMUNE, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca (CER), spiega che la natura molecolare precisa di queste interazioni, come i tipi di sottoinsiemi di cellule che si segnalano a vicenda e la natura di questi segnali, rimane sconosciuta nella maggior parte dei casi.
«Ciò è dovuto a ragioni sia metodologiche che concettuali. Ad esempio, la tecnologia che ci permette di caratterizzare i profili di espressione genica di singole cellule, nota come trascrittomica di singole cellule, è stata sviluppata solo di recente. Ma il processo è ostacolato dalle cellule adipose, che hanno caratteristiche particolari.» Ancora più impegnativo è svelare l’impatto che le grandi comunità di microbi che risiedono all’interno del nostro corpo, il nostro microbioma, hanno sulle reti di comunicazione tra le nostre cellule, sulla dinamica dei tessuti e sul conseguente effetto sulla nostra salute.
Il progetto ha utilizzato strumenti genomici, microbiologici e gnotobiotici di recente sviluppo e ad alto rendimento (generati rapidamente), in modelli murini di nuova generazione. Gnotobiotico si riferisce al fatto che i modelli murini erano privi di germi e sono stati poi colonizzati con ceppi specifici di batteri. Il risultato è stato che il team ha potuto identificare con precisione quali batteri stavano provocando una determinata interazione. Questo approccio completo ha integrato anche un’analisi del funzionamento dei geni di alcuni batteri del microbioma intestinale, utilizzando CRISPR, culturomica microbica e analisi metabolica in vivo. Per questi studi, ADIMMUNE ha attinto a volontari umani, sia magri che obesi, che si sono sottoposti a biopsie di grasso.
«Abbiamo rivelato molte interazioni finora sconosciute», aggiunge Elinav. Il team di Elinav è riuscito a caratterizzare tipi di cellule immunitarie precedentemente sconosciute nel tessuto adiposo dei ceppi di topi e in volontari umani magri e obesi.
Una caratterizzazione così approfondita significa che il progetto è stato in grado di identificare molteplici sottoinsiemi cellulari sconosciuti, le rispettive funzioni a livello di singola cellula e le reti di comunicazione tra le diverse cellule. «Questo ci ha permesso di definire la catena di eventi in cui la perturbazione di tali reti di comunicazione cellulare e di espressione genica porta allo sviluppo dell’obesità, dell’insulino-resistenza e della condizione epatica strettamente associata, la malattia del fegato grasso associata a disfunzione metabolica», spiega Elinav.
Le sue scoperte sull’obesità sono riportate in un articolo pubblicato sulla rivista «Cell», mentre quelle sul fegato grasso appaiono in un articolo pubblicato sulla rivista «Nature Medicine». Il progetto ha affrontato anche una delle forme più drammatiche di obesità, nota come «aumento di peso conseguente alla cessazione del fumo», il cui meccanismo era sconosciuto.
Questi approfondimenti sulle basi molecolari della comunicazione tra i batteri che ospitiamo e le cellule immunitarie del nostro tessuto adiposo hanno dato vita a intuizioni funzionali che hanno portato a possibili percorsi terapeutici.