Secondo Ansa “Le cosiddette ghost kitchens, le cucine fantasma, ossia strutture per cucinare che producono cibo solo per la consegna, senza aree per mangiare sul posto o dedicate ai clienti, potrebbero creare un’opportunità globale di $ 1 trilione di dollari entro il 2030, secondo l’analisi Euromonitor di luglio 2020, che considera questo settore parte in accelerazione di un nuovo ecosistema in cui rientrano anche i virtual restaurants, ristoranti virtuali di marche alimentari che esistono solo online senza luoghi fisici”.
Ma cosa prevede la normativa per i ristoranti virtuali?
Ghost e dark kitchen in Italia sono un fenomeno nuovo, al punto che ancora non esiste una classificazione specifica per questa tipologia di ristorazione. Secondo quanto previsto dalla normativa vengono fatte rientrare nel più generico “take-away”.
Nel caso si voglia aprire un “ghost restaurant” o “ristorante virtuale” l’iter è davvero semplice per chi già possiede un locale a norma, tradizionale. In questo caso basta creare la nuova “insegna virtuale”, decidere il proprio menù e affiliarsi a una qualche piattaforma di food delivery.
Chi invece decide di avviare una nuova attività di “dark kitchen” cioè una cucina dove preparare i cibi solo per le consegne online, senza un vero ristorante tradizionale alle spalle, deve partire da zero. Per la Camera di Commercio è da collocarsi nella categoria 56.10.2 (Ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto; – preparazione di pasti da portar via “take-away” – attività degli esercizi di rosticcerie, friggitorie, pizzerie a taglio eccetera che non dispongono di posti a sedere).
In sintesi è necessaria una Scia sanitaria per i requisiti dei locali come previsto dal Regolamento CE n. 852/2004 e il superamento di un corso HACCP per la trattazione degli alimenti.