Le microplastiche sono particelle aventi diametro <5 mm, che si formano dalla disgregazione delle plastiche non riciclabili (per azione del sole, del vento e degli altri agenti atmosferici); esse comprendono pure le nanoplastiche (NP), le quali sono particelle ancora più piccole, con dimensioni inferiori a 0.1 μm (100 nm). Dagli anni Trenta alla prima decade degli anni Duemila, la produzione mondiale di plastica di origine fossile è passata da 1,5 milioni di tonnellate a oltre 280 milioni di tonnellate (con una crescita del 38 per cento negli ultimi 10 anni). La conseguenza è ovvia: più plastica viene utilizzata, più ne viene buttata nei mari (direttamente o indirettamente): almeno otto milioni di tonnellate l’anno, secondo Greenpeace.
Una volta in mare, le microplastiche vengono ingerite dalle specie marine ed entrano nella catena alimentare, di cui ovviamente è parte anche l’essere umano: il 15-20 per cento delle risorse ittiche che finiscono sulle nostre tavole contengono microplastiche (secondo dati Ispra).
Le piante di canapa e lino contengono circa il 65-70% di cellulosa e rappresentano una fonte particolarmente promettente per la fabbricazione di bioplastiche; dalla cellulosa attraverso un processo di polimerizzazione si può ottenere una grande varietà di plastiche biodegradabili, come per esempio celluloide, cellofan e rayon, tutti materiali leggeri che si prestano alla sostituzione di molte delle plastiche petrolchimiche che utilizziamo nel quotidiano. Anche se in molti casi non possono competere con le sofisticate materie plastiche di oggi, possono essere utilizzati come isolanti e per l’imballaggio, in sostituzione del polistirolo e di altri materiali derivati dal petrolio.
La bioplastica di canapa ha il vantaggio di essere atossica ed è quindi eccellente per l’uso a contatto con la pelle e per la conservazione degli alimenti. A differenza della plastica a base di petrolio, non contiene composti nocivi quali idrocarburi policiclici aromatici (IPA), acido polilattico (PLA), polisuccinato di butilene (PBS) e poliidrossialcanoati (PHA), interferenti del sistema endocrino e associati a problemi di salute (infertilità, malattie cardiache, diabete, obesità). I settori nei quali vengono già utilizzate le fibre di canapa e lino sono l’industria automobilistica, dell’elettronica, dell’arredamento e dei giocattoli; ma, soprattutto, come materiale per le stampanti 3D, tramite le quali vengono creati oggetti, utensili, confezioni e gadget di ogni tipo.