Sul territorio indenne l’obiettivo della sorveglianza viene perseguito e possibilmente innalzato visto l’aumentato rischio di diffusione dell’infezione sia per contiguità con zone infette, sia per trasmissione indiretta tramite fattore umano, sia negli SM contermini (es. Francia).
Le criticità di attuazione della sorveglianza passiva riguardano principalmente il campionamento dei cinghiali incidentati, in misura notevolmente maggiore rispetto ai soggetti rinvenuti morti, la
scarsità di segnalazioni, anche nel settore del domestico, soprattutto nei piccoli allevamenti familiari.
È inoltre necessario perseguire l’eradicazione nei territori infetti e continuare a scongiurare il passaggio dell’infezione al domestico, superando alcune criticità che potrebbero ostacolare il raggiungimento di detti obiettivi: il coordinamento tra le diverse autorità competenti su sanità e agricoltura (autorità competente in Italia per la fauna selvatica e il settore venatorio), o la scarsa collaborazione degli allevatori delle piccole aziende.
L’installazione delle barriere nelle zone infette per il selvatico è stata rallentata da alcune criticità quali la conformazione del territorio interessato dalla malattia, specialmente in Piemonte e Liguria, che non ha agevolato i processi di recinzione, ostacoli gestionali e burocratici, di disponibilità dei fondi necessari. Si segnalano anche problemi di ordine sociale, resistenze di cittadini e animalisti e l’iniziale opposizione delle amministrazioni locali.
Per assicurare il rafforzamento delle misure di biosicurezza negli stabilimenti che detengono suini, e al fine di elevare il livello di prevenzione per il controllo e l’eradicazione della PSA,
nonché in ottemperanza al Reg. 2016/429 e relativi atti delegati, è stato emanato uno specifico Decreto relativo alle misure di biosicurezza del giugno 2022 che gli operatori che detengono suini devono adottare negli stabilimenti (allevamenti, stalle di sosta e mezzi di trasporto) posti sotto la loro responsabilità sulla base dei criteri e requisiti previsti dalla normativa europea.
Il decreto, le cui misure e relative gradazioni sono state individuate sulla base del rischio (incluso il livello di rischio di contatto con i suini selvatici), individua le specifiche misure di biosicurezza distinguendole in misure di biosicurezza per gli allevamenti familiari, commerciali, e per le stalle di transito. Contempla inoltre anche la tipologia di allevamento, se stabulato o semibrado, ulteriormente suddivisi in stabilimenti ad elevata o bassa capacità. Definisce anche le modalità per la raccolta e l’inserimento dei dati e delle informazioni relative agli esiti dei controlli ufficiali per la verifica delle misure di biosicurezza e quelle per l’individuazione dei campioni da sottoporre a controllo ufficiale attraverso una programmazione fondata sulla categorizzazione degli allevamenti in base al rischio attraverso le funzionalità assicurate da un apposito sistema informativo del Ministero, per rendere più efficiente la condivisione dei dati tra i diversi livelli di autorità competente.
L’obiettivo è quello di monitorare costantemente il patrimonio suinicolo nazionale per rilevare precocemente il virus, testando i capi deceduti fisiologicamente, analizzando tutti i casi sospetti e intensificando la sorveglianza clinica. I focolai di PSA vengono definiti come previsto dalle vigenti norme comunitarie (reg. 2020/689). La sorveglianza passiva sui suini detenuti, sia maiali che cinghiali, è effettuata in osservanza alle norme europee. In particolare, viene attribuito lo stesso livello di rischio ai suini detenuti, sia maiali che cinghiali, così come previsto dal national contingency plan e dalle Ordinanze del Commissario straordinario.
Tutti i casi sospetti, sintomi o lesioni sono immediatamente segnalati al Servizio Veterinario che adotta tutte le misure previste dal manuale delle Pesti Suine nei suini domestici per confermare o escludere la presenza di circolazione virale.