La Corte dei conti europea ha bocciato la Politica agricola comune (Pac), ritenuta inefficace nel combattere il cambiamento climatico. Secondo la relazione, gli oltre 100 miliardi destinati all’azione per il clima nella politica 2014-2020 non hanno ridotto le emissioni.
La relazione della Corte dei conti è un duro colpo per la Politica agricola comune, la cui riforma è in discussione da tempo. Il 28 e 29 giugno si svolgerà un nuovo trilogo, dopo che il negoziato tra Parlamento e Consiglio si è interrotto bruscamente a maggio.
L’obiettivo sarà superare lo stallo prima che la presidenza di turno passi dal Portogallo alla Slovenia. Il punto chiave che sta bloccando i negoziati è la percentuale di aiuti diretti destinati alle pratiche agricole ecologiche: il Parlamento Ue chiede il 30% (circa 58 miliardi di euro), mentre il Consiglio dell’Ue è partito dal 20% e non è disposto a superare il 25% (49 miliardi).
Nel rapporto della Corte dei conti si evidenzia come, nonostante siano aumentate le ambizioni dal punto di vista climatico, non sia cambiato molto per quanto riguarda le emissioni rispetto al periodo precedente, e perciò i fondi destinati all’ambiente sono stati sovrastimati.
La relazione punta il dito in particolare contro il fatto che la maggior parte delle misure supportate dalla Pac abbiano uno scarso potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici, mentre per quelle che possono avere un effetto significativo il sostegno è molto basso.
In particolare, la critica maggiore viene mossa contro gli scarsi incentivi a ridurre la produzione di bestiame. L’allevamento di animali costituisce la metà della produzione di gas serra di tutto il settore agricolo e queste emissioni sono direttamente collegate alla dimensione delle mandrie, eppure la Pac “non pone limiti al numero di capi di bestiame, né offre incentivi a ridurlo”, scrive la Corte dei conti.