“Quando un parere scientifico entra in confitto con il nostro sistema di valori, allora sono gli scienziati stessi a essere tacciati di incompetenza, di sciatteria, e magari anche di corruzione“ afferma il numero uno delle’European Food Safety Authority (Efsa) Bernhard Url che racconta cosa accade quanto i risultati sperimentali cozzano con la visione del mondo dei cittadini e della classe politica.
“Se viene meno la netta separazione tra governanti e scienziati”, prosegue, “e se la politica vuole mettere il becco nelle questioni scientifiche, i confini non sono più del tutto chiari e abbiamo un problema”.
Un esempio su tutti: il glifosato.
“Potremmo fare l’esempio del glifosato. Efsa ha stabilito che non è cancerogeno, se impiegato correttamente. Il problema è che la scelta se adoperarlo oppure no pare concentrarsi sul fatto che provochi o meno tumori, ma la vera domanda è se ci va di usarlo. Possiamo accettare di trovarne tracce, seppur infime, nelle urine dei bambini? Qual è la nostra idea di agricoltura, di biodiversità e di tutela dell’acqua? Vogliamo davvero che gli agricoltori ne facciano uso? Qui il parere scientifico sulla pericolosità c’entra ben poco, anche perché il limite massimo di assunzione della sostanza con l’alimentazione corrisponderebbe per esempio a 70 chilogrammi di pasta ingerita al giorno. Nemmeno una buona forchetta italiana potrebbe avvicinarsi. Ma gli argomenti del dibattito tirano di nuovo in ballo la scienza, e chi vuole mettere al bando il glifosato parte dall’idea che la valutazione del rischio non sia stata trasparente“.
“La nostra conclusione finale del novembre 2015 per il glifosato è la non cancerogenicità. Dai nostri programmi di monitoraggio sappiamo che in media per i consumatori europei si arriva al 10% della dose giornaliera di sicurezza, perciò siamo nettamente entro i limiti. Se il glifosato è applicato correttamente, il rischio è molto basso. La classificazione preliminare delle caratteristiche della sostanza è stata fatta nel 2017 dall’Agenzia europea delle sostanze chimiche a Helsinki, confermando che non c’è motivo per ritenere il glifosato cancerogeno, anche se in questo caso si sono valutate le proprietà chimiche e non le dosi. Il rischio è la combinazione di entrambi gli aspetti – livelli di esposizione e caratteristiche – e nel complesso possiamo concludere che il glifosato è sicuro per la salute dell’uomo”.
“Nel recente caso giudiziario di San Francisco, anzitutto va premesso che in un tribunale non sempre ci si attiene alle evidenze sperimentali. Non c’è quindi un diretto collegamento tra i pronunciamenti giudiziari e le valutazioni scientifiche. Tuttavia, chi è esposto al glifosato non attraverso l’alimentazione ma con la respirazione o l’assorbimento della pelle, come un lavoratore agricolo, ha bisogno di protezioni individuali, di strumentazione adeguata e di un’attenzione particolare. Abbiamo elaborato linee guida per la protezione di lavoratori, residenti e agricoltori dagli effetti negativi di pesticidi e altre sostanze, ed è importante che queste indicazioni siano rispettate”.
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