Il quinto ciclo di negoziati del Comitato intergovernativo di negoziazione (Inc-5) delle Nazioni Unite per lo sviluppo di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante (Ilbi) sull’inquinamento da plastica si è concluso con un fallimento.
Anche questa volta, come per la Cop 29 sul clima, l’opposizione delle lobby legate ai combustibili fossili è stata determinante per bloccare un accordo. Dopo due anni di discussioni, la settimana di colloqui di Busan dal 25 novembre al 1° dicembre, in Corea del sud, non è dunque riuscita a risolvere le profonde divisioni che caratterizzano i Paesi.
I partecipanti dovevano trovare una quadra su tre questioni principali: ridurre la quantità di plastica che ogni anno viene prodotta; stabilire una serie di prodotti o molecole considerati pericolosi per la salute umana; indentificare la quantità di finanziamenti da orientare verso i Paesi di sviluppo per la costruzione di sistemi di gestione efficace dei rifiuti.
Durante la sessione plenaria conclusiva dell’Inc-5, un gruppo di circa 100 Paesi provenienti da diverse regioni del mondo, tra cui l’Unione europea, ha ribadito la necessità di istituire un Trattato contenente misure globali vincolanti e l’eliminazione graduale delle sostanze chimiche e dei prodotti in plastica più problematici, come gli articoli monouso. I grandi produttori di petrolio, come Arabia Saudita e Russia, non hanno però cambiato la propria posizione, contraria al Trattato, mantenuta dalla nascita del processo negoziale del 2022.
Il risultato è che non c’è stato accordo neanche sulla definizione stessa di prodotto o rifiuto di plastica. Anche l’ambito di applicazione del Trattato è rimasto oggetto di forti contrasti: da un lato, i Paesi più ambiziosi spingevano per una drastica riduzione della produzione; dall’altro, gli Stati petroliferi puntavano a limitare il più possibile il miglioramento dell’azione di riciclo.
C’era grossa attesa su questo round negoziale sulla plastica: doveva infatti essere quello che avrebbe portato a un Trattato condiviso, l’ultimo di un ciclo fatto da cinque incontri.
Visto l’esito, durante i colloqui di Busan la direttrice esecutiva dell’Unep, Inger Andersen, ha sottolineato che occorre pianificare un prossimo summit e che prima, però, è necessario affrontare “conversazioni significative” per superare le profonde differenze che ancora dividono i negoziatori.
Al momento non sono state fissate date o luoghi per riprendere i colloqui. Tuttavia, alcuni Paesi, tra cui l’Arabia Saudita, stanno spingendo per posticipare i negoziati, almeno oltre la metà del 2025.
Un elemento che ha caratterizzato l’incontro di Busan è stata la massiccia presenza di lobbisti dell’industria della plastica, con un numero record di 220 rappresentanti provenienti dai settori del chimico e dei combustibili fossili. Secondo un’analisi del Centro per il diritto ambientale internazionale (Ciel), questi lobbisti costituivano il gruppo più numeroso, superando perfino le delegazioni dell’Unione europea (191 membri) e del Paese ospitante, la Corea del sud (140 membri).