“Non si butta via niente”: ecco le nuove tecnologie sostenibili
Non si butta via niente. Le fibre vegetali scartate nella lavorazione di cereali e agrumi possono rientrare nel ciclo produttivo per confezionare succhi di frutta e snack più salutari. E la materia che non si può più riutilizzare negli alimenti può essere lavorata ulteriormente per tornare al terreno e rigenerarlo. È questo il senso dell’economia circolare: gli scarti si trasformano in materia prima grazie a nuove tecnologie sostenibili applicate alla trasformazione degli alimenti e alla produzione di composti chimici, biocombustibili e fertilizzanti per il suolo. Oltre ad essere sulla via di alcuni obiettivi principali del Green Deal europeo, le sperimentazioni in corso possono creare connessioni virtuose tra industria alimentare, agricoltura e ambiente.
Occorre dare valore ai sottoprodotti, generando ingredienti di qualità da re-immettere nella filiera alimentare, e ai rifiuti, trasformandoli in composti chimici e materiali, nonché materiale organico per rigenerare il suolo e per ottenere nuove materie prime per l’industria alimentare, dei mangimi, e biochimica.
La ricerca e la sperimentazione stanno lavorando su queste priorità da oltre un decennio. Il progetto europeo Namaste, ideato da Fabio Fava (professore di biotecnologie industriali e ambientali all’Università di Bologna, coordinatore del gruppo per la bioeconomia presso la Presidenza del consiglio dei ministri, membro del comitato scientifico dell’Agenzia europea dell’ambiente, nonché presidente del comitato scientifico di Ecomondo) e realizzato attraverso una cooperazione scientifica e tecnologica Ue-India, fu una delle azioni pionieristiche e innovative per la valorizzazione integrata (ossia, ingredienti alimentari e, a cascata, composti chimici e materiali bio-based), dei sottoprodotti e dei rifiuti di agrumi (arance e limoni in Europa e mango e melagrane in India), della crusca di grano e di riso. Ad oggi sono in corso molti altri progetti strategici promossi dall’Unione europea sullo stesso fronte.
Per chiarire la rotta sulla quale stiamo navigando, ne riportiamo quattro, scelti tra quelli che hanno ricevuto finanziamenti tra i 5 e i 10 milioni di euro dal programma europeo Horizon 2020.
NoAW (No Agro-Waste) studia soluzioni innovative ecocompatibili e di economia circolare per trasformare i rifiuti agricoli in beni ecologici ed economici. Il progetto mira ad aggiornare la tecnologia di conversione più diffusa, la digestione anaerobica, e progettare processi per convertire completamente i rifiuti agricoli in bioenergia e bio-fertilizzanti in grado di sostituire una gamma significativa di prodotti equivalenti non rinnovabili, con impatti positivi sulla qualità di aria, acqua e suolo.
Prolific studia i processi per l’estrazione e la valorizzazione di proteine e molecole bioattive dagli scarti e dai sottoprodotti agroindustriali di legumi, funghi e caffè. Si sperimentano tecnologie di lavorazione per recuperare quantità significative di proteine e peptidi, fibre e altri composti e realizzare sedici prototipi per i settori alimentare, dei mangimi, dell’imballaggio e dei cosmetici.
Il progetto AgriMax sta dimostrando la fattibilità tecnica ed economica di processi avanzati per la bio-raffinazione di una varietà di rifiuti agricoli e della lavorazione degli alimenti. Obiettivo: fornire nuovi bio-composti per l’industria alimentare, chimica, delle plastiche, degli imballaggi e dell’agricoltura. Tra le tecnologie messe a punto ed ottimizzate, l’estrazione assistita da ultrasuoni e con solventi, la filtrazione, i trattamenti termici ed enzimatici.
Ingreen, infine, parte dalla domanda (in costante crescita) di prodotti chimici a base biologica per produrre ingredienti funzionali innovativi dai flussi secondari dell’industria della carta e della filiera agroalimentare. Lo fa attraverso processi biotecnologici sostenibili ed efficienti per ricavare nuovi ingredienti e prodotti alimentari, mangimi, prodotti farmaceutici e cosmetici.