La consapevolezza che le scelte in campo agroalimentare siano legate all’equilibrio ecologico del nostro pianeta e alla necessità di uno sviluppo sostenibile dell’agricoltura non sono più, ormai da tempo, concetti appannaggio di poche avanguardie.
“Farm to Fork” – “dal campo alla tavola” – è la strategia agroalimentare nell’ambito del Green Deal europeo che prevede un finanziamento di 20 miliardi l’anno tra fondi Ue, nazionali e privati, fino al 2030. Gli obiettivi? Incrementare del 25% le superfici coltivate a biologico (dall’8% attuale, ma in Italia si sfiora già il 16%); estendere l’ambito di applicazione dell’etichetta di origine degli alimenti; dimezzare l’uso dei fitofarmaci nei campi e degli antibiotici negli allevamenti; raggiungere una quota di almeno il 30% delle aree rurali e marine europee protette, trasformare il 10% delle superfici agricole in aree ad alta biodiversità.
Fondamentale in questo contesto è il ruolo delle nuove generazioni che nei prossimi anni avranno la responsabilità di governare i processi di sviluppo ed effettuare scelte di consumo più consapevoli.
Da un’indagine realizzata da Ipsos per Fondazione Barilla emerge come il 40% dei ragazzi italiani under 27 ha familiarità con il concetto di sostenibilità, ma solo il 9% la associa al cibo (contro il 69% che la lega al concetto di ambiente). Più della metà non conosce l’Agenda 2030 (i 17 obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile). Inoltre solo 2 giovani su 5 seguono la dieta Mediterranea.
Da un lato il contrasto agli allevamenti intensivi, allo spreco di cibo, all’eccessivo utilizzo di plastiche. Dall’altro la crescita del biologico e dell’agricoltura 4.0, con il diffondersi dell’automazione avanzata nei campi e lo sviluppo di tecniche che limitano il consumo di suolo e che preservano acqua e altre risorse preziose (anche ad esempio attraverso vertical farm, aeronica e idroponica).
Sono le direttrici che stanno indirizzando le scelte di sviluppo sostenibile in campo agroalimentare e che vedono protagonisti i giovani agricoltori, in aumento del 14% rispetto a cinque anni fa (stima Coldiretti).
Secondo l’ultimo rapporto Biobank – che evidenzia come le vendite bio in Italia siano cresciute del 118% negli ultimi 10 anni, raggiungendo 4,4 miliardi di giro d’affari – tra le nuove imprese biologiche è determinante l’azione di quelle condotte da giovani, che hanno “un elevato livello di istruzione in confronto al complesso”. Si tratta di “fattori che possono contribuire a spiegare il maggior grado di innovazione – spiega il report – espresso da un più alto ricorso agli strumenti elettronici nella conduzione aziendale (40% contro il 19% della media), l’adozione di software (12% contro 5%), e dall’uso del web per attività di comunicazione e commercializzazione (15% contro 5%)”.