Due ricercatori del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Roberto Volpe dell’Unità prevenzione e protezione e Stefania Maggi dell’Istituto di neuroscienze, hanno pubblicato un articolo su ES Journal of Nutritional Health che sottolinea la necessità di un nuovo sistema comprensibile e condiviso in Europa che fornisca un’informazione visibile, immediata e facile da comprendere. L’innovazione sarebbe utile anche per prevenire i decessi dovuti a malattie quali infarto, ictus e tumore.
Presso il Consiglio dell’Unione Europea si sta sviluppando un acceso dibattito sull’etichettatura nutrizionale delle confezioni di alimenti, il “Front of pack nutrition labelling”, che vede l’Italia, con al fianco Cipro, Grecia, Lettonia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria, impegnata in difesa del proprio modello di etichettatura degli alimenti, il cosiddetto Nutrinform, in opposizione ad altri modelli, come il francese Nutriscore, il finlandese Finnish Heart Symbol, lo sloveno Protective Food Symbol, lo svedese Keyhole. Roberto Volpe, dell’Unità di prevenzione e protezione del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Upp) e rappresentante della Siprec (Società italiana per la prevenzione cardiovascolare) all’Ehn (European heart network) di Bruxelles, in collaborazione con Stefania Maggi, dell’Istituto di neuroscienze del Cnr (Cnr-In) di Padova e presidente della Fondazione dieta mediterranea, hanno recentemente pubblicato sull’argomento un articolo sull’ES Journal of Nutritional Health, proponendo un algoritmo europeo che sia più completo e condiviso rispetto a quelli attualmente utilizzati.
Partendo, quindi, dall’evidenza che ogni logo finora utilizzato in Europa presenta molti pregi ma anche alcuni difetti, sarebbe auspicabile apportare alcuni utili modifiche. “Ci si dovrebbe basare su un nuovo algoritmo che, partendo dalle positività presenti nei loghi già in uso, esprima un giudizio ancora più completo, che tenga conto di altre importanti informazioni nutrizionali, quali, ad esempio, la differenza tra grassi saturi della carne e dei formaggi (questi ultimi meno dannosi); la presenza di grassi parzialmente idrogenati, la cui pericolosità è accertata; la differenza tra cereali raffinati e integrali; l’indice glicemico e la natura degli zuccheri presenti (naturali o aggiunti); il calcio, le vitamine, gli anti-ossidanti (polifenoli). Inoltre, dovrebbe applicarsi a tutti i prodotti europei, anche a quelli tipici di ogni nazione”, aggiunge il ricercatore del Cnr.