IV^ puntata:
Essere celiaci o essere allergici al grano: la comunicazione al gestore cambia.
Interessante sentenza della Corte di Cassazione (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 7 febbraio 2019, n. 5890) avente ad oggetto il reato di omicidio colposo che si verrebbe a configurare allorquando il gestore di un esercizio di ristorazione il quale, seppur informato delle poli-allergie dell’avventore (tra cui morbo celiaco ed allergia al grano, glutine, fermento, formaggi, pesce, etc.), somministri allo stesso una diversa vivanda contenente grano, contrariamente a quanto stabilito (nella specie, un pasto che prevedesse l’esclusione di alimenti dannosi alla sua salute).
Nel caso in esame, con sentenza del Tribunale di Foggia del 23 settembre 2009 l’imputato era stato assolto dal reato di omicidio colposo perché non si riteneva dimostrata la sua consapevolezza in ordine alle conseguenze che sarebbero potute derivate dalla somministrazione di specifici alimenti allergenici in particolare che fosse celiaco e che fosse allergico al grano.
La Corte di Appello di Bari riconosceva la responsabilità civile dell’imputato in relazione al reato di omicidio colposo e lo condannava al risarcimento dei danni pari ad Euro 80.000 in favore delle parti civili costituite. In particolar modo veniva riconosciuta la responsabilità dell’imputato in ordine alla morte di P.D., avvenuta presso il ristorante di cui era gestore in quanto, pure a conoscenza, perchè informato dai genitori del giovane, delle poli-allergie (tra cui morbo celiaco ed allergia al grano, glutine, fermento, formaggi, pesce, etc.) e di conseguenza dopo avere concordato un pasto che prevedesse l’esclusione di alimenti dannosi alla sua salute, somministrava allo stesso una diversa vivanda contenente grano così da provocare un’insufficienza cardio-respiratoria da shock anafilattico con conseguente decesso del giovane.
A seguito di ricorso in Cassazione da parte dell’imputato la stessa Corte annullava la sentenza impugnata limitatamente alla condanna di risarcimento del danno.
La Corte di Cassazione richiamava un orientamento consolidato della CEDU (Corte Europea dei diritti dell’uomo) sulla base del quale dopo la sentenza assolutoria di primo grado il giudice di Appello è tenuto ad assumere nuovamente le prove testimoniali già assunte in primo grado per poter emettere la sentenza. A seguito di questo orientamento è intervenuta una modifica nel nostro codice di procedura penale art. 603, comma 3 bis che prevede che nel caso di appello del PM avverso una sentenza di assoluzione per motivi attinenti alla valutazione delle prove testimoniali la Corte di Appello deve rinnovare l’istruzione dibattimentale cioè vale a dire risentire i testimoni già sentiti in primo grado. A questo proposito, la Corte di Cassazione aveva rilevato che la Corte di Appello di Bari aveva disposto una rinnovazione parziale dell’istruttoria dibattimentale avendo proceduto a sentire solamente i genitori del giovane deceduto e inoltre sostenendo che era incorsa in una illogicità perché non aveva proceduto a sentire gli altri testimoni le cui dichiarazione erano comunque state valutate dal giudice di primo grado e cioè i coniugi che avevano organizzato il banchetto e il commerciante che ha venduto l’alimento a base di frumento.
Sulla base di questi principi la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Bari con rinvio al giudice civile per un nuovo processo.