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15 Marzo 2019 / Published in Diritto e Informazione, NOTIZIE, Unione Europea

Diritto & Informazione di A&S [1]

I^ puntata:

EFSA e Glifosato


La Corte di Giustizia Europea a Lussemburgo ha intimato (il giorno 7 marzo 2019) all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) di pubblicare gli studi, fino ad oggi segreti, sull’erbicida glifosato.

Il glifosato è l’erbicita più usato al mondo, da anni scatena accesi dibattiti non solo degli addetti ai lavori ma anche dei media, dei consumatori e ha creato in diverse parti del mondo reazioni emotive nonché etiche sul suo uso e sulla sua pericolosità per la salute degli esseri umani. Il glifosato è il principio attivo più venduto al mondo per quanto riguarda i pesticidi sotto il nome Roundup ed è commercializzato e prodotto dalla società americana Monsanto che è stata recentemente acquisita dal gruppo tedesco Bayer. Il glifosato è un erbicida che è stato sintetizzato dal gruppo Monsanto circa 40 anni fa, ha una azione di degenerazione delle cellule vegetali. La società ha sempre sostenuto che non ha effetti sull’ambiente perché si degrada in anidride carbonica ed acqua e questo sarebbe stato dimostrato in ambiente controllato

Tutto ebbe inizio nel 2014 quando il ricercatore Anthony C. Tweedale invitò le autorità dell’Unione Europea a pubblicare gli studi sulla pericolosità del glifosato per poterli esaminare (cause T-716/14 Anthony C. Tweedale/Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), in seguito anche quattro eurodeputati e un cittadino hanno ribadito la richiesta intentando la causa T-329/17 Hautala e a./ EFSA presso la Corte di Giustizia Europea.

Però nel marzo 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) che è parte dell’Agenzia mondiale della sanità aveva inserito il glifosato nella lista delle sostanze come probabilmente cancerogene e avevano chiesto un divieto assoluto di utilizzo della sostanza.

Il linfoma non-Hodgkin colpirebbe in particolar modo gli agricoltori che sono le persone più esposte all’utilizzo del glifosato. A questo proposito, Dewayne Johnson, un ex giardiniere di 46 anni, ha fatto causa alla multinazionale Monsanto appena comprata da Bayer per aver contratto il linfoma non Hodgkin, un tumore del sistema linfatico in fase terminale In base al verdetto della giuria di San Francisco, questa malattia è stata causata dall’uso dell’erbicida Roundup, un prodotto a base di glifosato e per questo motivo per la prima volta la Monsanto è stata riconosciuta colpevole e dovrà risarcire l’ex giardiniere per 289 milioni di dollari. Una sentenza che potrebbe avere e sicuramente avrà conseguenze in tutto il mondo, per la prima volta viene associato a questo potente erbicida una effettiva pericolosità cancerogena sull’uomo.

Tuttavia nel 2015, l’Efsa aveva invece pubblicato una nuova valutazione del glifosato nella quale, in contrasto con la conclusione dell’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), affermava che “è improbabile che il glifosato sia genotossico (cioè che danneggi il DNA) o che rappresenti un rischio di indurre cancro per l’uomo”.

La diversa valutazione sarebbe derivata dal fatto che IARC e Efsa avevano analizzato studi diversi e applicato differenti analisi statistiche, le analisi dell’Efsa avrebbero riguardato la molecola del glifosato in quanto tale, gli studi presi in considerazione dallo IARC riguardavano anche i prodotti immessi sul mercato, che contengono in aggiunta altre sostanze.

Nel 2017 l’approvazione del glifosato è stata concessa per 5 anni fino al 2022 dopo una controversa discussione pubblica .

Il problema è che l’Efsa ha pubblicato solo parzialmente gli studi sulla pericolosità del glifosato e si è rifiutata di renderli visibili adducendo la scusante che rientrebbero nei segreti commerciali delle aziende e che questi studi sono stati preparati per conto delle aziende per le procedure di approvazione.

I giudici Ue scrivono che l’Efsa “non può negare” la divulgazione di questi documenti “adducendo che ciò avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali dei proprietari degli studi richiesti”. Quanto affermato dai Giudice pone l’accento su un aspetto fondamentale il diritto alla salute delle persone, interesse primario e fondamentale. Il Tribunale Ue ha “condannato” l’Efsa ad aprire gli archivi in nome dell’”interesse pubblico prevalente”.

In base ad un regolamento dell’Unione Europea del 2001 i cittadini hanno diritto alle informazioni detenute dalle istituzioni dell’Unione Europea e quindi l’Efsa non deve rifiutarsi di renderle pubbliche. Secondo l’Efsa, inoltre, “non esisteva alcun interesse pubblico prevalente alla divulgazione delle parti degli studi alle quali i ricorrenti chiedevano accesso, dato che tali parti non costituivano informazioni riguardanti emissioni nell’ambiente ai sensi del”regolamento di Aarhus”. I ricorrenti si sono rivolti quindi al Tribunale dell’Unione Europea per chiedere l’annullamento delle decisioni di rigetto, e i giudici hanno dato loro ragione. In realtà i documenti possono non essere resi pubblici se i segreti commerciali superano l’interesse dei cittadini ma in questo caso trattandosi di informazioni sulle emissioni nell’ambiente si applicano altre norme in base al regolamento Aarhus del 2006.

La questione cruciale nel processo era quindi se gli studi sul glifosato riguardassero emissioni nell’ambiente. Già nel 2016 la Corte aveva dichiarato in un processo in cui era stata coinvolta Greenpeace che non solo l’inquinamento è classificato come emissioni nell’ambiente ma anche l’uso di prodotti fitosanitari. Lo scopo dei pesticidi come il Roundup è quello di essere spruzzato sui campi quindi nell’ambiente. La Corte europea aveva ritenuto inoltre che i cittadini non solo avessero il diritto di sapere quali sostanze chimiche dove e quando venissero rilasciate nell’ambiente ma anche l’impatto che avrebbero dovute avere e che quindi anche queste informazioni rientravano nella voce emissioni nell’ambiente. Nonostante questa sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2016 l’Efsa ha continuato a rifiutarsi di pubblicare tutti gli studi del glifosato sostenendo che si trattava di esami eseguiti nei laboratori su topi. Secondo l’Efsa sono state somministrate dosi più elevate di glifosato di quelle che si verificano nella realtà quindi queste secondo loro andrebbero considerate come emissioni ipotetiche nell’ambiente ma la Corte europea non ha accettato questa argomentazione e i giudici hanno concluso che gli studi non interamente pubblicati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare riguardano certamente le emissioni nell’ambiente e quindi l’Efsa non avrebbe dovuto rifiutarsi di consegnarli. L’Efsa avrà due mesi di tempo per impugnare la sentenza della Corte di giustizia europea.

In Italia è vietata la coltivazione di piante geneticamente modificate, ma il glifosato è comunque molto usato sia sulle colture arboree ed erbacee sia in aree che non sono destinate all’agricoltura, è uno dei prodotti fitosanitari più venduti in Europa per circa un milione di tonnellate l’anno e in Italia con 10mila tonnellate l’anno.


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