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  • CREA: “Alla ricerca dell’acqua che non c’è!”
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03 Dicembre 2024 / Published in Acqua, AMBIENTE, NOTIZIE

CREA: “Alla ricerca dell’acqua che non c’è!”

Questa è stata l’Estate con la E maiuscola, quella che per la gran parte di noi ha segnato il punto di non ritorno sulla strada della consapevolezza che il cambiamento climatico è una realtà con cui già da ora dobbiamo fare i conti e che l’ambiente è una priorità non più rinviabile.

Il caldo feroce, intervallato da eventi climatici estremi e violenti, i fiumi in secca, i suoli riarsi, piante e animali sia selvatici che addomesticati in sofferenza sono stati la campanella che la ricreazione è finita e che gli scenari evocati per decenni dagli scienziati sono usciti dai laboratori e dai pc per diventare vissuto quotidiano.

In realtà, come si diceva prima, il dibattito scientifico e ambientalista sull’importanza della gestione sostenibile dell’acqua è partito da diversi anni, per quanto, però, l’impronta idrica sia stato un passaggio metodologico fondamentale, che ha contribuito in modo determinante a far conoscere i termini della questione. Eppure, anch’essa è stata nel tempo aggiornata dagli studiosi e di ciò se ne giova soprattutto la carne bovina, che proprio l’impronta idrica ha collocato da anni tra i maggiori consumatori di acqua: ma è davvero così?

Una cosa è certa: c’è meno acqua – d’altronde piove di meno – e fa più caldo. Un esempio? Abbiamo studiato e messo in relazione l’ampia serie storica (dal 1964!) di dati meteo-ambientali e sull’andamento della falda relativi all’azienda sperimentale CREA di Casale Monferrato, scoprendo dati molto interessanti che, oltre al clima, chiamano in causa anche l’uomo. E ancora, sul fronte della raccolta dati, stiamo utilizzando anche le tecnologie più sofisticate, comprese quelle satellitari, per osservare e prevedere il rischio siccità e desertificazione di una determinata area, combinando dati di temperatura e umidità del suolo. E d’altronde, la presenza di acqua nel suolo è uno dei principali indicatori dello stato di salute degli agroecosistemi.

La siccità dei mesi scorsi è stata tale che si sono dovute irrigare più del consueto colture come gli alberi da frutto (frutteti, agrumeti e uliveti) che, normalmente, non ne avrebbero bisogno. Non una congiuntura, purtroppo, secondo i nostri esperti, ma una tendenza sempre più strutturale, da studiare e governare, per mettere al riparo agricoltori e raccolti. Purtroppo, però, a pagare il conto salato di questa lunga estate calda sono anche altre produzioni italiane di eccellenza come il riso – per cui si prevedono pesanti perdite – e il kiwi, perché le temperature elevate sono tra le concause della famigerata “moria del kiwi”, che sta imperversando da anni. Ma il caldo eccessivo è anche l’habitat ideale per parassiti e patogeni che trovano piante indebolite e sfibrate.

Non se la passano meglio i nostri allevamenti di bovine da latte e bufale: lo stress idrico può avere conseguenze negative che, però, come vedremo, grazie alla ricerca, possono essere contenute. E infine, a completare il quadro, scopriamo che in città fa ancora più caldo, ma che potremmo rinfrescarci, se solo riuscissimo a ripensare radicalmente il verde urbano, pianificandolo scientificamente: privilegiando, per esempio, piante a fabbisogno idrico ridotto, come le piante grasse e cactacee, perché coniugare bellezza, scienza e funzionalità è possibile.

Se il denominatore comune del contrasto alla siccità è – come abbiamo visto – l’ottimizzazione della risorsa idrica, l’irrigazione di precisione è forse la prima delle risposte possibili.

dobbiamo acquisire nuove consapevolezze e nuove competenze sulla risorsa acqua e, a tal fine, politiche ben strutturate possono fare la differenza. Il CREA assicura tutto il supporto necessario alle Istituzioni impegnate e un diverso approccio all’acqua è già realtà: basti pensare ai progetti Water4AgriFood e Goccia Verde (ce lo racconta Massimo Gargano direttore generale di ANBI) o a strumenti innovativi come, per esempio, le banche dati SIGRIAN e DANIA.

Ma non si può parlare di siccità e di acqua senza parlare di suolo, perché abbiamo sperimentato come una sua corretta gestione lo renda meno vulnerabile agli eventi piovosi estremi.

 

 

 

 


Fonte:

CREA

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Tagged under: acqua, impronta idrica, siccità

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