I coloranti possono essere sostanze naturali estratte da piante o animali oppure “riprodotte” con processi industriale o anche sostanze “xenobiotiche”, cioè ottenute da sintesi chimiche e che non sono presenti in natura.
E’ possibile “colorare” gli alimenti ma rispettando le norme sugli additivi coloranti definite dal Regolamento Europeo 1333/2008.
La presenza di coloranti negli alimenti deve essere riportata in etichetta. Come per gli altri additivi si utilizza la sigla seguita da un numero. I coloranti sono classificati con numeri da 100 a 197 (ad esempio E 131 è il Patent blu, mentre E 150 è il caramello). Il colorante quindi è “incorporato” o “miscelato” in un alimento o in una bevanda conferendogli il colore che si desidera.
Nell’ambito della colorazione alimentare ci sono anche delle tecniche illegali. La più diffusa riguarda la carne, in particolare quella tritata, e il pesce come il tonno rosso.
La colorazione degli alimenti stimola spesso il desiderio di consumarli e questo fatto è sfruttato dai produttori. Dobbiamo quindi fare attenzione e sapere che alle volte le nostre convinzioni non sono corrette. Non è detto che la menta sia verde o che gli aperitivi debbano essere rossi o ancora che le cole debbano essere nere.
Magari ricordiamo che la trota salmonata differisce dalla normale soltanto perché nel mangime è stata aggiunta un po’ di astaxantina e la differenza di prezzo non è giustificata.
In ogni caso è bene leggere le etichette ed evitare l’acquisto di alimenti da canali illegali dove il colore di un alimento potrebbe essere usato a scopo fraudolento. In definitiva impariamo a consumare gli alimenti colorati con fiducia, ma con un minimo di attenzione.