ACQUA

Un’acqua è potabile quando la si può bere senza pregiudizio per la salute.

Sono potabili le acque che fuoriescono dai nostri rubinetti, così come tutte quelle che troviamo in commercio, che si differenziano a seconda della composizione salina, dell’origine, degli eventuali trattamenti a cui vengono sottoposte.

Esistono infatti le “acque destinate al consumo umano”, le “acque minerali naturali”, le “acque di sorgente” e le “acque affinate".

Sono tutte sicure in quanto la loro potabilità è definita da differenti e specifiche legislazioni.

 

Un’acqua è potabile quando la si può bere senza pregiudizio per la salute. Sono potabili le acque che fuoriescono dai nostri rubinetti, così come tutte quelle che troviamo in commercio, che si differenziano a seconda della composizione salina, dell’origine, degli eventuali trattamenti a cui vengono sottoposte. Esistono infatti le “acque destinate al consumo umano”, le “acque minerali naturali”, le “acque di sorgente” e le “acque affinate” (*). Sono tutte sicure in quanto la loro potabilità è definita da differenti e specifiche legislazioni.

In particolare, così come definite dalla legislazione di settore vigente, con il termine di «acque destinate al consumo umano» si intendono le acque trattate o non trattate, di uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, fornite tramite una rete di distribuzione oppure mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori. La definizione comprende anche le acque utilizzate nelle imprese alimentari per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l'immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano.

(*) Acqua destinata al consumo umano che subisce processi di purificazione e filtrazione attraverso specifiche apparecchiature di varie tipologie e sistemi di trattamento.

In Italia, la qualità dell'acqua destinata al consumo umano è disciplinata principalmente dal DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2023, n. 18, che dà attuazione alla specifica direttiva (UE) 2020/2184, con la finalità di protezione della salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, assicurando che le acque siano salubri e pulite, nonché' il miglioramento dell'accesso alle acque destinate al consumo umano.

L'attuazione, perciò, di tutte le disposizioni descritte in tale norma ed il rispetto dei valori massimi consentiti, individuati per ogni parametro considerato e indicato nell'allegato I, nel punto in cui le acque sono messe a disposizione del consumatore, determinano la valutazione di "idoneità" dell'acqua al consumo umano in condizioni di sicurezza per l'intero arco della vita. Tali parametri e i relativi valori, sono in generale fondati sugli orientamenti, stabiliti a livello comunitario, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e sulla base del parere del Comitato scientifico della Commissione Europea.

Per completezza del quadro normativo va segnalato anche il Decreto legislativo 15 febbraio 2016 n. 28, in attuazione della Direttiva 2013/51/EURATOM del Consiglio, che stabilisce i requisiti per la tutela della salute della popolazione, relativamente alle sostanze radioattive eventualmente presenti nelle acque destinate al consumo umano. Il successivo Decreto 2 agosto 2017 ne fornisce le indicazioni operative a carattere tecnico-scientifico finalizzate alla predisposizione di programmi di controllo della radioattività nelle acque destinate al consumo umano su tutto il territorio nazionale.

La Regione Emilia-Romagna è, dal punto di vista idrologico, un territorio complesso.

L'acqua si presenta in tante differenti forme, che attraverso interazioni e delicati equilibri, costituiscono un intreccio di corpi idrici quali fiumi e torrenti, canali e piccoli laghi, acque sotterranee e di transizione e le acque marine. Il governo delle risorse idriche ha, come fine principale, quello di assicurare il mantenimento della vita acquatica e dell'ambiente naturale, la qualità della vita dell'uomo e tutti gli usi connessi alle attività economiche (agricoltura e industria).

Il consumo civile idropotabile è, in ogni caso, un uso prioritario tanto che, laddove possibile, si utilizzano per tale scopo le acque di falda che, grazie alla filtrazione naturale, sono meno soggette al rischio d’inquinamento, mentre le acque superficiali a scopo potabile richiedono spesso anche importanti trattamenti di potabilizzazione. Il mix di fonti utilizzato ad uso potabile dipende dalle risorse naturali e dagli impianti presenti nei singoli territori, nonché dalla disponibilità idrica nei diversi periodi dell’anno.

Le strategie di risparmio e gestione sostenibile dell'acqua, da una parte e di controllo e tutela dall'inquinamento dall'altra, mirano ad assicurare, insieme a quelle infrastrutturali, la conservazione e la salvaguardia della risorsa idrica nell'intero territorio dell'Emilia-Romagna. Tale concetto di protezione della qualità e della quantità delle risorse idriche nel tempo e di conseguenza di prevenzione e ripristino, è fortemente ribadito dalla normativa ambientale, come descritto dal DLgs. 152/ 1999 e succ. mod. (legge quadro delle risorse idriche), che recepisce la Direttiva CE 200/60 e detta anche disposizioni delle acque sull’inquinamento.

La norma sanitaria, nello specifico il DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2023, n. 18, ha la finalità di proteggere la salute umana, anche attraverso la tutela della risorsa idrica, in quanto, per garantirne la salvaguardia nei suoi aspetti qualitativi e quantitativi e conseguentemente la tutela della salute è stata attuata un’azione di coordinamento tra le due norme specifiche. Tale approccio presuppone un’efficace integrazione delle strutture operative competenti e più in generale del controllo stesso delle acque.

L'acqua di approvvigionamento idrico, sia di origine sotterranea che superficiale deve essere “potabilizzata” cioè subire i trattamenti fisico-chimici necessari a renderla conforme ai requisiti previsti dalle normative per l’uso potabile e quindi sicura. 

I principali trattamenti in sequenza sono:

  • sedimentazione che consiste nel separare e rimuovere per gravità le sostanze solide;
  • chiariflocculazione nella quale si aggiungono all’acqua composti chimici (es. sali di alluminio) che favoriscono l’aggregazione di particelle non sedimentabili in aggregati più voluminosi che possono così essere rimossi;
  • ossidazione che attraverso l’aggiunta di idonei agenti chimici quali ad esempio l’ozono o il permanganato di potassio che rimuovono i contaminanti, sia organici che inorganici disciolti nell’acqua; 
  • filtrazione che elimina ciò che resta dopo i precedenti processi (ad esempio la filtrazione su sabbia o su carbone attivo è efficace per la rimozione dei microinquinanti organici);
  • disinfezione è il trattamento finale che agisce sulla componente microbiologica residua, assicurando l’assenza di microrganismi patogeni. Solitamente viene effettuata con prodotti a base di cloro (ipoclorito di sodio, biossido di cloro), i quali consentono di mantenere un residuo di disinfettante lungo tutta la rete di distribuzione. Entrambi tali disinfettanti portano inevitabilmente alla produzione di sottoprodotti della disinfezione per i quali la normativa individua valori di parametro da rispettare.  

Le acque che hanno una qualità migliore all’origine (sorgenti e pozzi profondi) necessitano di trattamenti più semplici quali la sedimentazione, filtrazione e disinfezione in quanto beneficiano di una sorta di “auto-depurazione naturale”. Le acque superficiali sono maggiormente esposte all’inquinamento e possono subire trattamenti “spinti” che comprendono tutte le fasi del processo di potabilizzazione descritte. Analoghi trattamenti sono necessari anche in alcune acque di falda per rimuovere inquinanti sia di origine naturale (es. ferro, ammonio, manganese), sia di origine antropica (es. composti organoalogenati quali tricloroetilene e tetracloroetilene).

L’acqua potabilizzata viene poi immessa nelle reti di distribuzione e, attraverso i serbatoi di compenso e gli impianti di sollevamento, raggiunge gli utenti. Dalle stesse reti di distribuzione, che seguono generalmente le direttrici stradali, si diramano gli allacciamenti che le collegano agli impianti interni per raggiungere i rubinetti. Ulteriori impianti cosiddetti “in linea" regolano le pressioni di esercizio e una disinfezione di copertura.

Al di là della qualità delle fonti di approvvigionamento, si sottolinea che tutte le acque distribuite alla popolazione sono potabili e quindi sicure.

La normativa prevede che vengano eseguiti, sulle acque destinate al consumo umano, controlli analitici chimico-fisici e microbiologici, sia da parte Gestore d’acquedotto, (controlli interni), sia dai Servizi di Igiene degli Alimenti e nutrizione delle Aziende Usl (controlli esterni). L’allegato I del DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2023, n. 18, individua per i parametri microbiologici e quelli chimici i valori di parametro da rispettare.

L’allegato II dello stesso decreto legislativo riguarda nel dettaglio i programmi di controllo che devono essere effettuati su tutta la filiera idro-potabile e quindi su tutte le sue fasi (dalle fonti al rubinetto). Tali programmi di controllo devono verificare che le misure previste per contenere i rischi per la salute, siano efficaci e che le “acque siano salubri e pulite”. A tal fine vengono indicati i parametri e le frequenze minime di analisi, da adottarsi.

Il sistema dei controlli, attraverso la predisposizione di Piani specifici ad opera di entrambi i soggetti competenti (Aziende Usl e Gestori acquedottistici), ha l’obiettivo di garantire la conformità legislativa, assicurando, nel contempo, il mantenimento di uno standard qualitativo dell’acqua che beviamo, con particolare attenzione alle serie storiche di dati pregressi e delle relative criticità. Il grado di sorveglianza del Gestore deve tener conto anche della tipologia delle fonti di approvvigionamento per operare una scelta dei parametri che possano far emergere variazioni anomale della qualità abituale di quell’acqua erogata.

In caso di superamento dei limiti di parametro individuati dalla norma, l’Azienda Usl comunica al Gestore l’avvenuto superamento e chiede che vengano da esso adottate adeguate misure di ripristino della qualità dell’acque. Effettuate le valutazioni del caso la stessa Ausl propone al Sindaco, l’adozione di eventuali provvedimenti, quali ad esempio limitazioni d’uso o interruzione del servizio, laddove necessario a tutela della salute pubblica, fino al ripristino della qualità dell’acqua da parte del Gestore.

Gli articoli 6-7-8-9 del DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2023, n. 18, inseriscono il concetto di “valutazione del rischio” già introdotto dal DM 14 giugno 2017 del Ministero della Salute.

Si tratta di un approccio innovativo al controllo delle acque destinate al consumo umano basato sull'obbligo di adozione di Piani di Sicurezza dell'Acqua (PSA), finalizzato a garantire la sicurezza delle acque destinate al consumo umano e l'accesso universale ed equo all'acqua.

L’approccio basato sul rischio comporta i seguenti elementi:
a) una valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano (articolo 7);
b) una valutazione e gestione del rischio di ciascun sistema di fornitura idro-potabile che includa il prelievo, il trattamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle acque destinate al consumo umano
fino al punto di consegna, effettuata dai gestori idro-potabili (articolo 8);
c) una valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione interni per gli edifici e locali prioritari, (articolo 9)

L’attività della Regione e in particolare del Servizio Prevenzione collettiva e Sanità pubblica, competente in tale materia, è mirata a garantire la qualità fisica, chimica, microbiologica e radiologica dell’acqua potabile, attraverso il coordinamento di una serie di misure integrate che coinvolgono tutti i soggetti interessati, quali le Aziende Usl, i Gestori acquedottistici e Arpae.

Tale attività prevede lo studio, l’analisi e il recepimento della normativa comunitaria e nazionale di settore, che si concretizza nella predisposizione degli atti di indirizzo, rivolti principalmente alle Aziende Unità Sanitarie locali, in quanto organi del controllo ufficiale della qualità dell’acqua erogata dagli acquedotti sul territorio regionale. Attività che comporta quindi da un lato, lo stretto contatto e collaborazione con il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), attraverso anche la partecipazione a gruppi di lavoro nazionali, dall’altro, il coinvolgimento delle strutture territoriali competenti.

In generale, i vari temi che riguardano le acque destinate al consumo umano vengono affrontati da gruppi di lavoro interdisciplinari che vedono coinvolti, oltre ai soggetti competenti anche altri Assessorati e Servizi che possano apportare uno specifico contributo, per poter avere un quadro conoscitivo che consenta di mettere in campo adeguate azioni per la tutela della salute della popolazione.

Nelle più recenti normative del settore, è stata individuata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel modello Water Safety Plan (Piani di sicurezza), l’integrazione dei soggetti competenti (Aziende Usl, Arpae, Gestori acquedottistici), quale valido strumento per il controllo della sicurezza e qualità delle acque basato sulla “valutazione del rischio”, funzionale alla predisposizione di Piani di sicurezza dell’acqua (PSA).

Nella Regione Emilia-Romagna troviamo esempi di collaborazione e integrazione delle competenze tra i diversi soggetti, già con l’emanazione della Circolare regionale n. 2/99 che dettava le “Linee-guida per l’attività’ di prevenzione, controllo e vigilanza delle acque destinate al consumo umano”. Anche la circolare regionale n. 9/2004 “Modifiche della Circolare regionale n. 2/99 (allegato 4 e 6), relativa ai protocolli procedurali ed operativi, inerenti l’attività di prevenzione e controllo delle acque destinate al consumo umano” vedeva un tavolo integrato di lavoro, coordinato dalla Regione, composto dalle Aziende Usl, Arpae, Gestori acquedottistici e l’Università di Parma.

In Regione è stato attivato un Team regionale per i Piani di Sicurezza dell’Acqua, che oltre agli obiettivi specifici, consentirà alla Regione Emilia-Romagna, attraverso l’integrazione delle conoscenze esistenti di ridefinire, con criteri uniformi e condivisi, le “Zone di approvvigionamento” e le pressioni antropiche esistenti, al fine di individuare le aree in cui la qualità delle acque possa essere considerata uniforme e orientare gli Enti competenti verso piani di controllo specifici, rispetto ai parametri da ricercare e alla relativa frequenza, tali da garantire la sicurezza e la qualità delle acque destinate al consumo umano.

In sintesi, le azioni regionali sono volte al coordinamento delle attività mirate alla tutela della salute pubblica, dalla predisposizione di piani di controllo, monitoraggi di parametri specifici non previsti dalla normativa, ma di interesse (es. glifosate), alle valutazioni della qualità dell’acqua distribuita dai Gestori acquedottistici e quant’altro possa contribuire ad un suo continuo miglioramento.

Le novità introdotte dai Piani di Sicurezza Acque nelle parole dei relatori al convegno della Regione Emilia-Romagna "Acque destinate al consumo umano: sicurezza e qualità" tenutosi il 28 novembre 2018 a Bologna.

A questo link le relazioni del convegno https://bit.ly/2DwyUfm

In collaborazione con Lisa Gentili (Regione Emilia-Romagna) e Daniela Devita (Ausl Reggio Emilia).

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