Una ricerca dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS) della Sardegna, pubblicata su Frontiers in Veterinary Science nel 2019 evidenzia che sono i maiali allo stato brado a giocare un ruolo cruciale nella questione.
Quando la Peste Suina Africana si diffuse nel Centro dell’Isola, dopo soli 3 mesi dal suo arrivo nel Sud, ci si rese conto che gli allevatori non avevano messo in pratica le misure per limitare la sua espansione. Sarebbe bastato, molto semplicemente, non lasciare i maiali allo stato brado e non scambiarli con altri allevatori, due pratiche – illegali – molto diffuse nell’entroterra, facenti parte delle tradizioni locali.
L’importanza dell’EP-ASF15-18 nella lotta alla PSA
Il Piano di Eradicazione 2015-2018 (EP-ASF15-18) si è concentrato, da un lato, sull’eliminazione dei maiali allo stato brado (ad oggi ne sono stati abbattuti 3.800) e dall’altro, invece, sulle misure di sorveglianza:
attiva, il controllo dei cinghiali abbattuti nelle zone endemiche;
passiva, la localizzazione e il controllo delle carcasse, nelle zone in cui la PSA non è stata rilevata da tempo.
Grazie all’attuazione di questo programma:
la prevalenza di PSA negli allevamenti regolari è passata dallo 0,61 allo 0,007 %, mentre la sieropositività si è ridotta dallo 0,32 allo 0,04 %;
la sieropositività nei cinghiali è passata dal 6,23 all’1,12 %.
Risultati positivi, dunque, che lasciano ben sperare nell’eradicazione della PSA entro il 2021, come dichiarato di recente da Alberto Laddomada, Direttore Generale IZS Sardegna.
Dei progressi fatti in Sardegna si è parlato in un convegno a Cagliari, l’1 e il 2 ottobre 2019, al quale hanno preso parte ben 150 studiosi provenienti da 25 Paesi del Mediterraneo.